9 dicembre 2019
Condominio – i condomini delle unità commerciali al piano terra pagano le spese per l’androne
Torna a porsi il tema dell’obbligo dei proprietari delle unità commerciali al piano terra di contribuire alle spese per la manutenzione e le riparazioni dell’androne condominiale. In particolare, ci si è interrogati ancora sulla sussistenza o meno di un simile obbligo a carico di condomini che – questo, almeno, è il comune sentire – potrebbero e dovrebbero esserne esenti perché, in effetti, accedono alle loro unità senza passare attraverso l’androne comune.
La questione può essere formulata in questi termini:
• ai sensi dell’art. 1123, primo comma, cod. civ. “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione”;
• tuttavia, ai sensi dell’art. 1123, secondo comma, cod. civ. “Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne”, mentre l’art. 1123, terzo comma, cod. civ. recita “Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità”;
• i negozi siti al piano terreno hanno, di regola, un accesso autonomo e quindi, i loro titolari non attraversano l’androne condominiale per accedere alle loro unità;
• quale delle tre disposizioni, quindi, deve applicarsi?
• detto altrimenti: i proprietari dei negozi sono esentati dalle spese per l’androne, partecipano a tali spese e, se sì, in quale misura?
Il recente intervento del Tribunale di Nocera Inferiore e l’orientamento giurisprudenziale
Il Tribunale di Nocera Inferiore è stato chiamato a pronunciarsi sulla questione di cui sopra e lo ha fatto in questi termini: “Sul punto giova ricordare che secondo principio condiviso da questo Tribunale in caso di unità immobiliari con accesso indipendente dall'androne condominiale, ma inseriti nel condominio, come pare prospettare parte attrice, i titolari di tali beni devono in ogni caso partecipare alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dello stesso in proporzione al valore della proprietà di ciascuno, ex art. 1123 I co cc, in quanto si presume che detti proprietari ne facciano comunque uso per avere accesso alle altre parti comuni, quali la copertura e i locali cantinati, cfr. Cassazione Civile Sentenza n. 761/1979, mentre solo nel caso in cui sia dimostrato che i proprietari delle unità che hanno accesso indipendente dall'androne ne fanno un minore uso è possibile ricorrere al riparto delle spese secondo un criterio che tenga conto del ridotto utilizzo cfr. Cassazione n. 2328/77, n. 761/79 e n. 4646/1981” [Tribunale Nocera Inferiore 20.8.2019, Redazione Giuffrè 2019].
In effetti, tale decisione del Tribunale “fa eco” alle più risalenti pronunce che la decisone stessa espressamente richiama: “L'androne e le scale di un edificio sono oggetto di proprietà comune, ai sensi dell'art. 1117 c.c., anche dei proprietari di locali terreni, che abbiano accesso direttamente alla strada, in quanto costituiscono elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato come diviso in proprietà individuali, per piani o porzioni di piano, e rappresentano, inoltre, tramite indispensabile per il godimento e la conservazione, da parte od a vantaggio di detti soggetti, delle strutture di copertura, a tetto od a terrazza. È pertanto legittima, e non costituisce spoglio, l'apertura praticata dal proprietario esclusivo di un terreno con accesso diretto dalla strada, per accedere all'androne, in quanto diretto ad utilizzare una parte dell'edificio da ritenersi comune, senza pregiudizio per gli altri condomini” (Cass. 5.2.1979 n. 761) e “In mancanza di una particolare disposizione nel regolamento di condominio, la illuminazione e la manutenzione dell'androne e delle scale devono porsi anche a carico dei proprietari delle autorimesse e dei negozi, trattandosi di parti comuni a tutti i condomini, anche se i negozi e le autorimesse hanno un accesso autonomo e diverso dall'androne e dal vano scale, e pertanto indipendente da quello destinato agli altri piani dello stabile condominiale” (Cass. 6.6.1977 n. 2328)
Qualche deduzione a commento
Si ritiene opportuno analizzare il dictum del Tribunale di Nocera Inferiore e, a tale scopo, per praticità si “ritaglia” e si “suddivide” il ragionamento del giudice in tre “segmenti”.
1) “in caso di unità immobiliari con accesso indipendente dall'androne condominiale, ma inseriti nel condominio, come pare prospettare parte attrice, i titolari di tali beni devono in ogni caso partecipare alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dello stesso in proporzione al valore della proprietà di ciascuno, ex art. 1123 I co cc”.
Nulla da eccepire: in effetti, le unità commerciali al piano terreno costituiscono parte integrante dell’edifico condominiale e trova, quindi, applicazione la regola generale del già citato art. 1123, primo comma, cod. civ., secondo cui le spese per la manutenzione delle parti comuni devono essere sostenute da tutti i condomini.
2) “in quanto si presume che detti proprietari ne facciano comunque uso per avere accesso alle altre parti comuni, quali la copertura e i locali cantinati”.
Questa motivazione non convince. O, nella più benevola delle “letture”, deve essere approfondita e precisata e sinanco “aggiustata”.
Nel condominio vige la regola generale secondo cui i condomini pagano le spese comuni per il semplice fatto di essere comproprietari delle parti comuni dell’edificio: l’obbligo di tale pagamento non ha niente a che fare e non può certo dipendere dall’utilizzo che, delle parti comuni, fa il condomino.
Detto altrimenti: i proprietari delle “unità immobiliari con accesso indipendente dall'androne condominiale, ma inseriti nel condominio” devo certamente farsi carco delle spese, ma per il solo fatto di essere proprietari e non in quanto essi fanno uso delle parti comuni. Questo vincolo, questo nesso eziologico [pagano perché ne fanno uso] è sbagliato e fuorviante.
3) “solo nel caso in cui sia dimostrato che i proprietari delle unità che hanno accesso indipendente dall'androne ne fanno un minore uso è possibile ricorrere al riparto delle spese secondo un criterio che tenga conto del ridotto utilizzo”.
Anche qui, il Tribunale – e, con esso, la Cassazione, cui il Tribunale si ispira – è a dir poco impreciso.
Non ha, infatti, senso dire che il riparto delle spese può essere “agganciato” al minor utilizzo del bene comune ex art. 1123, secondo comma, cod. civ. “solo nel caso in cui sia dimostrato” il “minore uso” dell’androne.
Questa dimostrazione non è necessaria: il secondo comma del citato art. 1123 cod. civ. è riferito a un uso possibile e potenziale, non effettivo e concreto del bene comune. Non è un caso che la norma parli dell’uso del bene comune che ciascun condomino “può” fare.
Ragionando diversamente (e cioè come sembra fare il Tribunale di Nocera Inferiore), si arriverebbe a mettere in crisi l’intero sistema che si basa sul principio di cui al secondo comma dell’art. 1123 cod. civ. e ne fa applicazione.
A tale riguardo, basta pensare alla ripartizione delle spese relative all’ascensore: il condomino del primo piano paga spese inferiori perché si presume – ed è logico – che usi l’ascensore meno degli altri condomini, non perché detto minor utilizzo è effettivamente e concretamente dimostrato. Se così non fosse, si dovrebbe “aprire” il sistema a tutte le singole, specifiche e peculiari situazioni [come, per esempio, quella di un condomino che abita al piano terreno, mentre i genitori, anziani e bisognosi di assistenza, abitano al quinto piano].
