26 novembre 2020
Condominio – il concreto bilanciamento di interessi nell’ambito dell’eliminazione delle barriere architettoniche
Una recente sentenza del Tribunale di Grosseto - la n. 669 del 10.10.2020 - ha affrontato il tema, formulando interessanti osservazioni di carattere generale e di natura concreta.
Questa pronuncia fornisce l’occasione per qualche rapida deduzione volta ad approfondire l’argomento.
In maniera schematica:
a) L. 9.1.1989 n. 13, rubricata “Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”
b) L 5.2.1992 n. 104, rubricata “Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”
c) L 3.3.2009 n. 18 [che contiene la ratifica Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità]
d) art. 1120, secondo comma, cod. civ.
In via di estrema sintesi, con poco più che una rapida “carrellata” per sommi capi, si può rilevare questo:
l’art. 1 L. 9.1.1989 n. 13 introduce il principio generale secondo cui la progettazione relativa alla costruzione di nuovi edifici e la progettazione relativa alla ristrutturazione di edifici esistenti devono prevedere “a) accorgimenti tecnici idonei alla installazione di meccanismi per l'accesso ai piani superiori, ivi compresi i servoscala; b) idonei accessi alle parti comuni degli edifici e alle singole unità immobiliari; c) almeno un accesso in piano, rampe prive di gradini o idonei mezzi di sollevamento; d) l'installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini”;
l’art. 2 L. 9.1.1989 n. 13 attribuisce – è il secondo comma – ai condomini “portatori di handicap”, i quali abbiano chiesto l’adozione di una delibera di questo genere e abbiano visto respingere la loro richiesta, il diritto di “installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages”;
l’art. 4 L. 9.1.1989 n. 13, dettato con specifico riferimento agli immobili assoggettati “al vincolo di cui all'articolo 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497” [normativa oggi abrogata e “sostituita] e cioè al vincolo posto a tutela della bellezza dei beni immobili, prevede quanto segue:
il condominio che abbia deliberato l’intervento (o il condomino disabile che, di fronte alla mancata delibera voglia provvedere a sue spese) deve chiedere alla P.A. l’autorizzazione prevista per legge
tale autorizzazione “può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato”
l’eventuale diniego “deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l'opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall'interessato”;
l’art. 1120, secondo comma, cod. civ. prevede che l’assemblea possa deliberare le innovazioni aventi ad oggetto “le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche” con una maggioranza semplificata (e, quindi, più facile da raggiungere): 50% + 1 dei presenti e 500/1.000 in luogo di 50% + 1 dei presenti e 667/1.000.
L’evoluzione giurisprudenziale e l’attuale “stato dell’arte” interpretativo e applicativo
Vale la pena di ripercorre, sia pure in via di estrema sintesi, la meritoria evoluzione che ha caratterizzato la giurisprudenza negli ultimi anni:
► C. Cost. 10.5.1999 n. 167
la più recente legislazione – su tutto, la L. 9.1.1989 n. 13 e la L. 5.2.1992 n. 104 – “ha segnato un radicale mutamento di prospettiva”,
per effetto di essa, la accessibilità è diventata “una qualitas essenziale degli edifici”,
l’agevole possibilità di accesso agli edifici è stata, così, configurata come un requisito oggettivo ed essenziale degli edifici nuovi “a prescindere dalla loco concreta appartenenza a soggetti portatori di handicap”;
► Cass. 24.6.2009 n. 14786
l’art. 2 L. 9.1.1989 n. 13 prevede un quorum più basso per l’adozione delle innovazioni volte all’eliminazione delle barriere architettoniche “indipendentemente dalla presenza di portatori di handicap”;
► Cass. 25.10.2012 n. 18334
la lettura costituzionalmente orientata, l’applicazione del principio di solidarietà condominiale e della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei disabili porta a ritenere applicabile la più agevole maggioranza assembleare “anche in assenza di disabili nell’edificio”, essendo immanente la finalità di consentire ai disabili un agevole accesso “in tutti gli edifici e non solo presso la propria abitazione”;
► Cass. 28.3.2017 n. 7938
le disposizioni in tema di eliminazione delle barriere architettoniche “devono ritenersi vigenti indipendentemente dall’effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili”;
► Cons. Stato 18.10.2017 n. 4824
la normativa di cui alla L. 9.1.1989 n. 13 “si applica anche quando si tratti di persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di disabilità vere e proprie, soffrono comunque di disagi fisici e di difficoltà motorie”.
Il percorso, quindi, è stato chiaro e significativo: prendendo le mosse dalla tutela dei soggetti diversamente abili, espressamente prevista e citata nella normativa sull’eliminazione delle barriere architettoniche, il legislatore e, con lui, il suo interprete – che non può essere altri che il giudice – hanno ampliato l’orizzonte e sono giunti a tratteggiare un’efficace rete di protezione a beneficio dei soggetti più deboli e maggiormente bisognosi di tutela della nostra società e, quindi, a beneficio delle persone svantaggiate – sul piano fisico e/o sul piano psichico – e delle persone ormai giunte all’ultimo tratto del loro percorso.
La pronuncia di Grosseto
E’ importante e utile trascrivere i “passaggi” fondamentali, come letteralmente affrontati dal Tribunale, e muovere da lì:
“Ciò premesso deve osservarsi, in via generale, che secondo il condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel valutare il contrasto delle opere, cui fa riferimento l'art. 2 della legge n.13/1989, con la specifica destinazione delle parti comuni, sulle quali esse vanno ad incidere, occorre tenere conto altresì del principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell'ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18334 del 25/10/2012). Ai fini della legittimità dell'intervento innovativo approvato ai sensi dell'art. 2 della legge n. 13 del 1989, è sufficiente, peraltro, che lo stesso produca un risultato conforme alle finalità della legge, attenuando sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell'abitazione (Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 18147 del 26/07/2013).
In sostanza, dunque, si tratta di interventi aventi finalità pubblicistica che possono persino prescindere dall'effettiva utilizzazione degli edifici interessati dagli interventi stessi da parte dei soggetti disabili.
Deve tuttavia sin da ora rilevarsi, fatto salvo quello che si dirà più nello specifico di seguito, che ai fini del giudizio di bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco non può non tenersi conto delle peculiarità del caso concreto, né prescindersi del tutto dalla verifica della presenza di soggetti disabili nell'edificio condominiale, tanto maggiore potendo essere il sacrificio imposto al godimento delle parti comuni dell'edificio agli altri condomini per effetto dell'eliminazione delle barriere architettoniche, quanto maggiori e contingenti siano le esigenze dei soggetti disabili che vi abitano e viceversa”
“Ed infatti, è pur vero, come si è già accennato sopra, che in linea generale la giurisprudenza di legittimità evidenzia la natura pubblicistica dell'interesse ad ottenere l'abbattimento delle barriere architettoniche, non reputando necessario condizionare l'intervento all'effettiva presenza nello stabile di un disabile; ma il giudizio di bilanciamento degli interessi richiesto dalla stessa giurisprudenza di legittimità non può neanche del tutto prescindere dal valutare comparativamente il sacrificio richiesto agli altri condomini in relazione alle suddette esigenze di natura pubblicistica. In altri termini, si tratta di un giudizio a geometria variabile nel quale la valutazione dell'interesse pubblico all'abbattimento della barriere architettoniche deve necessariamente fare i conti con la misura del sacrificio richiesto ai singoli condomini, ragion per cui laddove nel condominio in questione non vi sia alcun concreto interesse specifico di alcuno dei condomini, la valutazione del sacrificio richiesto ai singoli condomini deve essere particolarmente rigorosa proprio per evitare onerose compromissioni del diritto di proprietà a fronte di un potenziale e generale interesse pubblico”.
Considerazione finale e di sintesi
Il Tribunale di Grosseto ha preso le mosse dalla condivisibile – e, in effetti, condivisa – evoluzione giurisprudenziale e ha voluto puntualizzare uno specifico aspetto di queste fattispecie: le concrete decisioni dei giudici, in sostanza, si riferiscono a specifici casi concreti, per decidere i quali il giudice ricorre sì alla normativa e all’interpretazione che, di essa, hanno dato i superiori gradi della magistratura, ma deve anche “calare” le une e le altre nei già citati specifici casi concreti.
Ecco come si arriva a statuizioni come “ .. ai fini del giudizio di bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco non può non tenersi conto delle peculiarità del caso concreto, né prescindersi del tutto dalla verifica della presenza di soggetti disabili nell'edificio condominiale, tanto maggiore potendo essere il sacrificio imposto al godimento delle parti comuni dell'edificio agli altri condomini per effetto dell'eliminazione delle barriere architettoniche, quanto maggiori e contingenti siano le esigenze dei soggetti disabili che vi abitano e viceversa” e “ .. in linea generale la giurisprudenza di legittimità evidenzia la natura pubblicistica dell'interesse ad ottenere l'abbattimento delle barriere architettoniche, non reputando necessario condizionare l'intervento all'effettiva presenza nello stabile di un disabile; ma il giudizio di bilanciamento degli interessi richiesto dalla stessa giurisprudenza di legittimità non può neanche del tutto prescindere dal valutare comparativamente il sacrificio richiesto agli altri condomini in relazione alle suddette esigenze di natura pubblicistica. In altri termini, si tratta di un giudizio a geometria variabile nel quale la valutazione dell'interesse pubblico all'abbattimento della barriere architettoniche deve necessariamente fare i conti con la misura del sacrificio richiesto ai singoli condomini, ragion per cui laddove nel condominio in questione non vi sia alcun concreto interesse specifico di alcuno dei condomini, la valutazione del sacrificio richiesto ai singoli condomini deve essere particolarmente rigorosa proprio per evitare onerose compromissioni del diritto di proprietà a fronte di un potenziale e generale interesse pubblico”.
Il risultato finale è così riassumibile:
fermo e impregiudicato il pieno rispetto dei principi di carattere generale in tema di rispetto della persona e del diritto alla salute e alla vita, non si deve ritenere che le esigenze legate all’eliminazione delle barriere architettoniche debbano prevalere sempre e comunque e in automatico sui diritti che i condomini vantano sulle parti comuni dell’edificio;
è necessario esaminare con attenzione e cautela il singolo caso per riuscire a compiere il già citato bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco e identificare, così, quale interesse debba, nella specifica fattispecie concreta, prevalere.
