24 maggio 2022
Condominio – il “costo” della mancata adesione alla mediazione di cui al D. Lgs. 4.3.2010 n. 28
E’ noto che il D. Lgs. 4.3.2010 n. 28. ha introdotto nel nostro ordinamento la mediazione “finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”, prevedendo che in alcune materie questa costituisca condizione di procedibilità della successiva causa civile.
Il legislatore, perseguendo l’obiettivo di ridurre significativamente – grazie alla mediazione – il “carico” dei Tribunali e dei Giudici di Pace, ha anche inserito nella normativa un impianto sanzionatorio per la parte che non partecipi alla mediazione “senza giustificato motivo”.
In epoca molto recente il Tribunale di Termini Imerese ha fatto buona applicazione di questa normativa, sottolineando efficacemente le possibili conseguenze per il condominio della mancata adesione alla procedura di mediazione.
Il tema è costituito dalla mancata partecipazione “senza giustificato motivo” alla procedura di mediazione obbligatoria (per tale intendendosi la mediazione che costituisce condizione di procedibilità per la causa).
Si dia il caso – per quanto qui interessa – di un condominio che viene citato in giudizio da uno dei suoi stessi partecipanti per – il caso più frequente – la contestazione della validità di una delibera assembleare.
In questa fattispecie è obbligatorio, prima di imboccare la via della causa civile, percorrere la strada della mediazione: il condomino che impugna la delibera promuove la mediazione e il condominio è chiamato ex art. 71 quater disp. att. cod. civ. a partecipare in persona del suo amministratore, previa delibera assembleare.
E’, tuttavia, possibile – e, invero, neanche così raro – che l’assemblea deliberi di non aderire alla mediazione e, quindi, di non conferire all’amministratore alcun mandato in tal senso.
La domanda a cui dare risposta è: il condominio, il quale decida di “disertare” la mediazione senza avere una “solida” ragione per farlo, corre il concreto rischio di subire sanzioni o, comunque, conseguenze dannose da tale sua linea di condotta?
Le due disposizioni di riferimento sono l’art. 8, comma 4 bis, D. Lgs. 4.3.2010 n. 28 e l’art. 116, secondo comma, cod. proc. civ..
La prima di tali norme recita testualmente: “Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”.
La seconda disposizione attribuisce al giudice il potere di “desumere argomenti di prova (…), in generale, dal contegno delle parti (…) nel processo”.
Il valore della mediazione e la sua serietà
Nella sua sentenza n. 312 del 19.4.2022 il Tribunale di Termini Imerese sottolinea con efficacia – richiamando precedenti arresti giurisprudenziali del Tribunale di Roma [23.2.2017] e del Tribunale di Palermo [29.7.2015] – lo scopo ultimo dell’esistenza della mediazione: evitare il maggior numero possibile di procedimenti giudiziari “in un contesto giudiziario, quello italiano, saturo nei numeri e smisuratamente dilatato nella durata dei giudizi”.
Da questo rilievo il Tribunale fa discendere la considerazione che qualsiasi comportamento “idoneo a determinare l’introduzione di una procedura giudiziale evitabile”, deve essere ritenuto un “comportamento doloso”.
Passando dalle fattispecie astratte a quelle concrete, il Tribunale individua i caratteri salienti di tale condotta dolosa nella “mancata partecipazione” alla mediazione, accompagnata dalla “radicale evidente assenza di un giustificato motivo” di tale non partecipazione.
Detto altrimenti: quando un condominio non ha la benché minima ragione idonea a giustificare la decisione di non provare nemmeno a cercare un qualche accordo di bonaria composizione della lite, la mancata adesione di tale condominio alla mediazione si sostanzia in una condotta ingiustificata, in un “sabotaggio” dell’intento perseguito dal legislatore con l’introduzione della mediazione.
Ne viene che il giudice ben può valutare tale ingiustificata non partecipazione e trarre da essa argomenti di prova ex art. 116 cod. proc. civ., arrivando anche – come nel caso di Termini Imerese – a condannare il Condominio per responsabilità processuale aggravata ex art. 96, ultimo comma, cod. proc. civ..
Basti considerare che, nel caso concreto, il Tribunale ha condannato a detto titolo – letteralmente: “risarcimento danno per lite temeraria” – il Condominio al versamento della non trascurabile somma di € 2.000,00.
Tutto questo porta a dare risposta alla domanda dianzi espressa: il condominio, il quale decida di “disertare” la mediazione senza avere una “solida” ragione per farlo, corre effettivamente il concreto rischio di subire conseguenze dannose da tale sua linea di condotta.
Considerazione finale
Chi scrive condivide il ragionamento espresso dal Tribunale di Termini Imerese.
La mediazione costituisce una delle – purtroppo poche – opzioni per “alleggerire” la gravissima situazione della Giustizia civile italiana e il legislatore ha coerentemente “puntato” molto su di essa.
A tale scopo ha previsto un meccanismo sanzionatorio idoneo a “punire” chi frustra le finalità dell’istituto.
Questo non significa affatto che sia obbligatorio trovare un accordo e che non raggiungerlo debba essere giudicato negativamente. Significa più semplicemente che deve essere sanzionato chi neanche compie lo sforzo di provarci con serietà e impegno.
Questo filone giurisprudenziale appare in linea perfetta con – e dà voce a – quanto il legislatore aveva in mente quanto ha concepito questi meccanismi di reazione contro chi ritiene di poter serenamente “sabotare” la mediazione.
