22 luglio 2021
Condominio - l'acquisizione dello status di condomino
In epoca molto recente il Tribunale di Ivrea ha pronunciato una sentenza – è la n. 392 del 16.4.2021, pubblicata in condominioweb.it 29.4.2021 – con la quale ha “distillato” tre principi importanti. In questo, il giudice piemontese si è collocato sulla scia di consolidati orientamenti interpretativi della Suprema Corte.
Qui di affronterà il tema dell’acquisizione dello status di condomino, con particolare e specifico riferimento al momento in cui tale acquisizione avviene.
Schematicamente:
• il proprietario di un’unità immobiliare sita in un condominio [convenzionalmente, Rossi] vende tale unità a un'altra persona [convenzionalmente, Bianchi];
• in uno con la proprietà esclusiva dell’unità immobiliare, Bianchi si rende cessionario anche della corrispondente quota di (com)proprietà sui beni comuni;
• detto altrimenti: Bianchi diventa condomino;
• in base al contratto di compravendita, tutti gli effetti attivi e passivi della compravendita si producono dal momento del perfezionamento della stessa;
• ne viene che Rossi cessa di essere proprietario e (com)proprietario al momento della stipula contratto di compravendita e che Bianchi inizia a essere tanto l’una quanto l’altra cosa in quello stesso momento;
• la domanda, cui bisogna qui dare risposta, è: Bianchi acquisisce lo status di condomino nello stesso identico momento in cui acquisisce la qualifica di proprietario dell’unità immobiliare?
La decisione del Tribunale di Ivrea
Il Tribunale si è espressamente dichiarato “a conoscenza” dell’orientamento “della giurisprudenza di legittimità” secondo cui “in caso di alienazione della porzione immobiliare, lo status di condomino e le conseguenti legittimazioni appartengono all’acquirente soltanto dal momento in cui il trasferimento sia stato reso noto al condominio”.
Di questo orientamento giurisprudenziale sono espressione Cass. 9.9.2008 n. 23345, Cass. 10.1.1990 n. 9 e Cass. 29.5.1998 n. 5307
Il Tribunale di Ivrea cita anche per intero questo principio di diritto:
“In tema di condominio di edificio, in caso di alienazione di un piano o di porzione di un piano, dal momento in cui il trasferimento venga reso noto al condominio, lo status di condomino appartiene all’acquirente, e pertanto soltanto quest’ultimo è legittimato a partecipare alle assemblee e ad impugnarne le deliberazioni”.
Il giudice piemontese commenta – condividendolo – il principio appena espresso, rilevando che il fondamento del medesimo sta nell’impossibilità di “onerare l’amministratore di condominio ad una sistematica consultazione dei registri immobiliari”, con la diretta conseguenza che “l’acquirente, per legittimarsi di fronte al condominio quale nuovo titolare, deve adottare, da solo o insieme con l’alienante, iniziative idonee a rendere noto al condominio tale passaggio di proprietà”.
Considerazione finalee di sintesi
Chi scrive condivide il citato orientamento della Suprema Corte (e, quindi, anche la decisione – che ad esso si uniforma – del Tribunale di Ivrea).
Se è vero, infatti, che l’amministratore è tenuto ex art. 1130, n. 6), cod. civ. a “curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell'edificio”, è altrettanto vero che non si può pensare che l’amministratore sia gravato dal compito di “spiare” i condomini e “indovinare” i passaggi di proprietà.
E’ indispensabile che siano i condomini a condividere con il condominio, per il tramite dell’amministratore, le sorti delle unità immobiliari di quell’edificio. Del resto – ed è persino banale dirlo – il condomino che vende e il soggetto che acquista sanno perfettamente che sta avvenendo un “cambio della guardia” nella compagine condominiale, mentre l’amministratore non ha, in astratto, alcuna valida ragione anche solo per sospettarlo.
Spetta, per ciò stesso, ai due condomini – quello uscente e quello entrante – informarlo.
Non bisogna, peraltro, perdere di vista che questa comunicazione costituisce oggetto di uno specifico ed esplicito obbligo: il già citato art. 1130, n. 6), cod. civ., infatti, prosegue prescrivendo che “Ogni variazione dei dati [presenti nel registro di anagrafe condominiale – n.d.r.] deve essere comunicata all'amministratore in forma scritta entro sessanta giorni”.
Chi scrive non si trova perfettamente in linea con l’utilizzo delle parole da parte del Tribunale di Ivrea.
Si ritiene, infatti, che non sia del tutto esatto dire – come fa il giudice piemontese – che “lo status di condomino e le conseguenti legittimazioni appartengono all’acquirente soltanto dal momento in cui il trasferimento sia stato reso noto al condominio”. Se, infatti, ciò è del tutto vero per quanto attiene alle “legittimazioni” legate allo status di condomino, lo stesso non può dirsi per lo status in sé e per sé.
Questo il ragionamento:
un condominio viene ad esistenza quando, per effetto del primo trasferimento di una proprietà esclusiva, si crea la situazione di comproprietà indivisa sulle parti comuni di un edificio;
se esiste un condominio, questo significa necessariamente che i titolari delle menzionate proprietà esclusive sono condomini;
questo status giuridico, intrinsecamente e inscindibilmente legato e connesso alla proprietà immobiliare esclusiva, viene ad esistenza nel momento stesso in cui si perfeziona il trasferimento di tale diritto di proprietà;
la circostanza che, in quel momento e fino alla comunicazione all’amministratore, il neo-condomino non abbia veste e titolo per agire nell’ambito della vita condominiale non ha e non può avere alcun effetto sulla sua condizione di condomino.
Detto altrimenti: si diventa condomini [id est, si acquisisce quello status] nel momento in cui si diventa proprietari.
Diversamente opinando, si arriverebbe a “sposare” una linea di ragionamento francamente paradossale. Equivarrebbe – ci si scusa per la banalità del paragone, ma forse esso riesce a rendere bene l’idea – a sostenere che un neonato non nasce nel momento del parto, ma solo nel momento della sua iscrizione nel registro di stato civile.
