18 febbraio 2020
Condominio – l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici vincolati [Parte 1]
Per ovvie ed evidenti ragioni, nel Belpaese l’esigenza di trovare un compromesso, di individuare un soddisfacente punto di incontro tra la tutela del patrimonio immobiliare storico / artistico e la protezione delle persone che, negli edifici assoggettati a tali vincoli, abitano e lavorano, è particolarmente sentita. Negli anni, con il mutare della sensibilità sociale e l’aumento dell’attenzione a certi temi, si è assistito a un’autentica evoluzione, a una vera e propria “rivoluzione” che ha portato a “mettere a fuoco” una serie di principi fondamentali.
Un’attenzione particolare è stata – ed è – dedicata al bilanciamento di interessi tra la tutela delle persone in difficoltà e la salvaguardia del patrimonio storico / artistico
Questo intervento – che si divide e si articola in due “puntate” – prende spunto da una recente pronuncia del Consiglio di Stato, la n. 355 del 14.1.2020.
Tale sentenza esprime alcuni concetti che, invero, non sono nuovi, ma che è importante e utile sottolineare e ribadire costantemente.
Il tema e il quadro normativo
Il tema è costituito dagli interventi volti all’eliminazione – con lo scopo di rendere più agevole o anche semplicemente possibile l’accesso delle persone affette da disabilità o, comunque, da situazioni di menomazione, debolezza, ecc. – delle barriere architettoniche nei condominii.
Il riferimento normativo è costituito dalla L. 9.1.1989 n. 13, rubricata “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”.
A grandi linee, questa normativa ha dettato regole chiare per la costruzione di edifici “aperti” alle persone portatrici di handicap [questo il termine utilizzato nella legge (cfr. Art. 2, comma 2). Nella realtà, anche questo aspetto della normativa e il suo “impatto” sociale sono stari oggetto di un percorso evolutivo] e da queste accessibili. Basti pensare che l’art. 1, comma 2, di tale legge nazionale parla espressamente di “prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica”
Per quanto interessa in questa sede, particolare rilievo assume l’art. 4, i cui commi 1, 4 e 5 rispettivamente prescrivono:
“Per gli interventi di cui all'articolo 2, ove l'immobile sia soggetto al vincolo di cui all'articolo 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, le regioni, o le autorità da esse subdelegate, competenti al rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 7 della citata legge, provvedono entro il termine perentorio di novanta giorni dalla presentazione della domanda, anche impartendo, ove necessario, apposite prescrizioni”.
“L'autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato”.
“Il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l'opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall'interessato”.
L’evoluzione dell’interpretazione giurisprudenziale
In questo quadro normativo si è inserita l’interpretazione della giurisprudenza, che ha
a) statuito la necessità di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa, arrivando a decretarne l’applicabilità non solo in presenza di disabili e non solo per condomini;
b) statuito la necessità di una interpretazione estensiva della normativa;
c) affrontato lo specifico tema del rapporto tra la tutela delle persone deboli e bisognose di protezione (rientrano in questa categoria i disabili, ma anche gli anziani e, più in generale, le persone affette da difficoltà motorie e disagi fisici) e la tutela del patrimonio storico – artistico.
A tale riguardo esiste il già citato art. 4 L. 13/1989, che negli anni ha dovuto e ancora deve essere interpretato, soprattutto per far sì che la norma sia “viva”, adatta ai tempi e in linea con l’evoluzione del sentimento generale.
C’è, peraltro, da dire che tale normativa nazionale risulta “accompagnata” da una normativa internazionale [Convenzione delle Nazioni Unite del 13.12.2006, ratificata in Italia con la L. 3.3.2009 n. 18, dettata espressamente sui diritti delle “persone con disabilità”], adeguatamente “valorizzata” dalla giurisprudenza nazionale.
I concetti espressi dalla giurisprudenza
Negli anni si è assistito ad un autentico percorso evolutivo. E’ interessante ripercorrerlo in base ai concetti via via espressi nel corso del tempo, sempre nel solco e alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata:
• l’accessibilità deve essere intesa come una qualitas degli edifici [in questo senso C. Cost. 10.5.1999 n. 167];
• la normativa trova applicazione non solo per i portatori di handicap, ma, in generale, per i soggetti bisognosi di protezione e tutela [in questo senso, tra le altre, Cass. 24.6.2009 n. 14786];
• la normativa trova applicazione anche in assenza di persone disabili nell’edificio [in questo senso, tra le altre, Cass. 25.10.2012 n. 18334];
• la normativa trova applicazione anche a prescindere dall’effettivo utilizzo, da parte di disabili, delle – per usare le parole dell’art. 2, primo comma, L. 13/1989 – “innovazioni (…) dirette ad eliminare le barriere architettoniche”, dei “percorsi attrezzati” e dei “dispositivi di segnalazione” per i ciechi [in questo senso, tra le altre, Cass. 28.3.2017 n. 7938];
• la normativa è dettata – e deve intendersi – a protezione anche delle persone anziane, che affrontano disagi fisici e difficoltà motorie [in questo senso Cons. Stato 18.10.2017 n. 4824]
La pronuncia del Consiglio di Stato 14.1.20209 n. 355
Nel solco della ricordata evoluzione giurisprudenziale si colloca, in epoca recentissima, la citata pronuncia del Consiglio di Stato.
Per amore di sintesi, ci si concentra su alcuni specifici passaggi di tale sentenza, particolarmente significativi:
• “la speciale disciplina di favore contenuta nella l. 9 gennaio 1989, n. 13, si applica anche a beneficio di persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di disabilità vere e proprie, soffrano comunque di disagi fisici e di difficoltà motorie”
• la L. 9.1.1989 n. 13 esprime – in base a un'interpretazione costituzionalmente orientata – il principio “secondo il quale i problemi delle persone affette da una qualche specie invalidità devono essere assunti dall'intera collettività”
• la medesima normativa “ha imposto in via generale che nella costruzione di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti, le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili, trattandosi comunque di garantire diritti fondamentali”
I punti essenziali, come messi in luce dal Consiglio di Stato, sono questi:
“i problemi delle persone affette da una qualche specie invalidità devono essere assunti dall'intera collettività”
l’eliminazione delle barriere architettoniche serve a “garantire diritti fondamentali”.
