16 marzo 2021
Condominio – l’“impugnativa” degli atti dell’amministratore
L’art. 1133 cod. civ. è probabilmente, tra le disposizioni vigenti in materia di condominio, quella che ha avuto – e ancora ha – la minore “ricaduta” concreta (nel senso di minore applicazione).
In realtà, è una norma perfettamente coerente con i principi base dell’“universo condominio” e, se letta e analizzata bene, potrebbe anche essere efficacemente utilizzata in molte situazioni
Le disposizioni e le pronunce che, a vario titolo e in diversi modi, “entrano in gioco” sono queste:
l’art. 1133 cod. civ. [“I provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini. Contro i provvedimenti dell'amministratore è ammesso ricorso all'assemblea, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'articolo 1137”];
l’art. 1130 cod. civ. [rubricato “Attribuzioni dell'amministratore”, che contiene l’indicazione dei compiti specifici dell’amministratore condominiale];
l’art. 1129 cod. civ. [che prevede la possibilità della revoca giudiziale dell’amministratore per “gravi irregolarità”, tra le quali – comma 12, n. 1) – la mancata convocazione dell’assemblea nei “casi previsti dalla legge”]
Cass. SS.UU 6.8.2010 n. 18332 [pronunciata in materia di rapporti tra l’assemblea e l’amministratore, nella cui parte motiva si legge
“ .. in materia di condominio negli edifici, l’organo principale, depositario del potere decisionale, è l’assemblea dei condomini, così come in materia di comunione in generale il potere decisionale e di amministrazione della cosa comune, spetta solo ed esclusivamente ai comunisti (art. 1105 c.c.) e la nomina di un amministratore cui ‘delegare’ l’esercizio del potere di amministrazione è ipotesi meramente eventuale, ex art. 1106 c.c.”,
“La prima, fondamentale, competenza dell’amministratore consiste nell’’eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini’ (art. 1130 c.c., comma 1 n. 1). Da tale disposto si evince che l’essenza delle funzioni dell’amministratore è imprescindibilmente legata al potere decisionale dell’assemblea: è l’assemblea l’organo deliberativo del condominio e l’organo cui compete l’adozione di decisioni in materia di amministrazione dello stesso, mentre l’amministratore riveste un ruolo di mero esecutore materiale delle deliberazioni adottate in seno all’assemblea”,
“Nessun potere decisionale o gestorio compete all’amministratore di condominio in quanto tale (e ciò a differenza di quanto accade nelle società, sia di persone che di capitali, dove all’amministratore competono poteri propriamente gestionali). Anche l’art. 1131 c.c., nell’attribuire all’amministratore di condominio un potere di rappresentanza dei condomini e di azione in giudizio, chiarisce che tale potere è conferito ‘Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo precedente o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea’. Ancora una volta, quindi, si legano i poteri dell’amministratore di condominio alle deliberazioni dell’assemblea, proprio a voler sottolineare la derivazione e subordinazione degli stessi alle decisioni dell’organo assembleare)”].
La “portata” e il potenziale ambito di applicazione dell’art. 1133 cod. civ.
In maniera discorsiva e “fluida” si può osservare questo:
• l’amministratore di condominio ha determinate attribuzioni precise e specifiche;
• ciò che l’amministratore fa nell’ambito di queste attribuzioni ha ex art. 1133, primo comma, cod. civ. efficacia vincolante per i condomini.
Alcuni esempi:
riparazioni e manutenzioni ordinarie sulle parti comuni dell’edificio [si è nell’ambito degli “atti conservativi”, che l’amministratore deve compiere ex art. 1130, primo comma, n. 4) cod. civ.],
riscossione contributi e recupero crediti [attività cui l’amministratore è tenuto ex artt. 1129, nono e dodicesimo comma, e 1130, primo comma, n. 3), cod. civ. e per la quale può avvalersi dello strumento che gli mette a disposizione l’art. 63 disp. att. cod. civ.],
difesa in giudizio di una delibera assembleare impugnata [cui l’amministratore può procedere autonomamente, senza necessità di delibera assembleare, ai sensi del combinato disposto degli art. 1130 e 1131, cod. civ., come “letti” dalla giurisprudenza];
• l’assemblea, tuttavia, è e resta l’organo sovrano del condominio,
• quanto sopra significa – ai fini che qui interessano – che ogni condomino può rivolgersi all’assemblea per lagnarsi di ciò che l’amministratore ha fatto e chiedere che l’assemblea – la quale, proprio in quanto organo sovrano, ha il potere di farlo – intervenga per annullare / modificare / rettificare / ecc. l’operato dell’amministratore;
• ovviamente, affinché il condomino possa “rivolgersi all’assemblea per lagnarsi di ciò che l’amministratore ha fatto e chiedere che l’assemblea (…) intervenga” è necessario che l’amministratore – unico titolare del relativo potere – convochi l’assemblea stessa;
• se l’assemblea, così riunita, non condivide le lagnanze del condomino e “approva” l’operato dell’amministratore, il condomino ha due strade:
a) impugnare la delibera così adottata, se e in quanto ritenga che essa sia contraria alla legge o al regolamento condominiale.
In questo senso vanno “lette” le ultime parole dell’art. 1133 cod. civ. [“senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'articolo 1137”]
b) prendere atto che l’amministratore e l’assemblea hanno una visione diversa dalla sua e accettare – per quanto obtorto collo – ciò che è stato fatto dal primo e “avvallato” dalla seconda.
• è appena il caso di rilevare che, nel valutare l’operato dell’amministratore, l’assemblea adotta una o più delibere e che, nel farlo, deve rispettare le maggioranze previste dalla legge nelle varie materie.
Un esempio concreto:
l’amministratore agisce per recuperare il credito che il condominio vanta nei confronti di un condomino moroso;
quest’ultimo propone opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall’amministratore ex art. 63 disp. att. cod. civ.;
l’amministratore incarica un legale per la costituzione in giudizio del condominio;
qualsiasi condomino può portare la cosa all’attenzione dell’assemblea, la quale può anche decidere – per le più svariate ragioni – di soprassedere da quell’iniziativa di recupero;
in questo caso l’assemblea delibera di non coltivare la lite e lo deve fare con le maggioranze espressamente previste dall’art. 1136, secondo e quarto comma, cod. civ..
Considerazione conclusiva
Chi scrive ritiene – come detto nell’incipit – che l’art. 1133 cod. civ. sia una norma pienamente coerente con i principi base dell’“universo condominio” e idonea, se letta e “utilizzata” bene, a fare del condominio quella “comunità” che esso dovrebbe, in effetti, essere.
Nell’ambito di una comunità, infatti, sono fisiologiche sia l’esistenza di qualcuno incaricato di agire per conto dell’intera comunità sia la possibilità che l’operato di questo qualcuno venga contestato e sottoposto al vaglio e alle decisioni della comunità medesima.
Il più frequente ricorso a questa forma di tutela interna alla comunità condominio (o “autotutela”), a concreto scapito del pur sacrosanto ricorso alle forme alternative di risoluzione delle liti e/o all’autorità giudiziaria potrebbe potenzialmente “disinnescare” la ben nota litigiosità condominiale e dare un sostanziale contributo a una vita condominiale maggiormente condivisa e quindi, più serena
