29 settembre 2022
Condominio – la legittimazione dell’amministratore a resistere in giudizio e a proporre appello
La sentenza n. 22958 della Suprema Corte, pubblicata in data 22.7.2022 ha puntualizzato alcuni concetti di base in ordine alla legittimazione passiva dell’amministratore e ai rapporti tra quest’ultimo e l’assemblea in ipotesi di impugnazione di delibere assembleari e altri giudizi
Schematicamente:
l’amministratore ha per legge la rappresentanza, anche processuale, del condominio;
se la causa rientra nelle attribuzioni previste per legge in capo all’amministratore, questi può “impegnare” il condominio nel giudizio senza la necessità di un preventivo “passaggio” assembleare;
se invece la lite esorbita da tali attribuzioni, allora l’amministratore ha bisogno dell’autorizzazione dell’assemblea;
l’amministratore ha per legge – il riferimento è all’art. 1130, n. 1), cod. civ. – il potere / dovere di dare esecuzione alle delibere assembleari;
ne viene che egli ha anche, in caso di impugnazione, il potere / dovere di difendere la delibera in giudizio e non ha bisogno di una delibera autorizzativa per esercitare / compiere questo potere / dovere.
Altrettanto schematicamente:
l’art. 1131, primo comma, cod. civ. recita: “Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi”;
il secondo comma statuisce che l’amministratore “Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto”;
il terzo comma della stessa norma aggiunge: “Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini”.
L’intervento di Cass. 22.7.2022 n. 22958
La Suprema Corte ha colto l’occasione di questa pronuncia per ribadire – non a caso, richiamando non pochi suoi precedenti arresti – l’insegnamento consolidato.
Per la loro chiarezza giova trascrivere per intero i passi della sentenza:
“L'interpretazione di questa Corte sostiene che spetta in via esclusiva all'amministratore del condominio la legittimazione passiva a resistere nei giudizi promossi dai condomini per l'annullamento delle delibere assembleari, ove queste non attengono a diritti sulle cose comuni (Cass. Sez. 2, 20/04/2005, n. 8286; Cass. Sez. 2, 14/12/1999, n. 14037; Cass. Sez. 2, 19/11/1992, n. 12379). Essendo l'amministratore l'unico legittimato passivo nelle controversie ex art. 1137 c.c., in forza dell'attribuzione conferitagli dall'art. 1130, n. 1, c.c., e della corrispondente rappresentanza in giudizio ai sensi dell'art. 1131 c.c., allo stesso spetta altresì la facoltà costituirsi nel processo ed eventualmente gravare la relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea (Cass. Sez. 2, 23/01/2014, n. 1451; Cass. Sez. 2, 20/03/2017, n. 7095; Cass. Sez. 2, 10/03/2020, n. 6735)”.
E ancora:
“Dunque, la cosiddetta autorizzazione dell'assemblea a resistere in giudizio, ovvero il mandato dato all'amministratore per conferire la procura "ad litem" al difensore, non può valere che per il grado di giudizio in relazione al quale viene rilasciata, e quindi, se inerente alla costituzione nel giudizio di primo grado, non sana la mancanza della ulteriore preventiva autorizzazione assembleare concernente l'appello formulato dallo stesso amministratore avverso la sentenza di prime cure (Cass. Sez. 2, 26/11/2004, n. 22294)”.
Considerazioni riassuntive e di sintesi
In sostanza, il quadro è questo:
a) quando la causa promossa nei confronti del condominio rientra – come l’impugnazione di una delibera a opera di un condomino – tra le attribuzioni dell’amministratore, quest’ultimo è “svincolato” dalle decisione dei condomini ha totale autonomia e la piena legittimazione a rappresentare il condominio e a far sì che questo resista in causa;
b) in tali ipotesi l’amministratore conferisce validamente la procura ad litem al legale e può anche, in ipotesi di soccombenza, proporre appello,
c) per quanto sub b) non è necessaria alcuna delibera autorizzativa dell’assemblea;
d) al di fuori dell’ambito di cui dianzi – il riferimento è, quindi, alle cause che hanno “un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore” [art. 1130, terzo comma, cod. civ.] – il condominio è validamente ed efficacemente impegnato in giudizio solo a seguito e per effetto di una delibera assembleare che autorizzi l’amministratore a rappresentare il condominio e a conferire la relativa procura ad litem all’avvocato;
e) nei casi sub d) la regola generale è che la citata autorizzazione all’amministratore per il conferimento della procura produce i suoi effetti unicamente per il grado di giudizio “in relazione al quale viene rilasciata”, con la conseguenza che per l’eventuale giudizio di secondo grado sarebbe necessaria una nuova delibera ad hoc;
f) è, tuttavia, possibile immaginare che l’assemblea, nell’adottare la delibera sub d), conferisca espressamente all’amministratore il mandato per conferire una procura ad litem idonea a “coprire” anche l’eventuale giudizio di appello;
g) nell’ipotesi sub f) l’eventuale impugnazione della sentenza da parte dell’amministratore del condominio soccombente dovrebbe essere considerata valida ed efficace.
