2 dicembre 2019
Condominio – la ripartizione della spesa si impugna a volte in Tribunale e a volte davanti al Giudice di Pace
In epoca molto recente – si parla del 3.10.2019 e dell’ordinanza n. 24748 – la Corte di Cassazione ha avuto l’occasione di tornare, ribadendolo, su un suo consolidato insegnamento in tema di competenza per valore per le cause di imputazione delle delibere assembleari. Un insegnamento che, però, non risulta per chi scrive del tutto convincente.
In sé e per sé, la vicenda è piuttosto semplice:
• l’assemblea condominiale delibera una certa ripartizione di una spesa tra i condomini;
• il condomino Pippo, chiamato a sborsare una somma inferiore a € 5.000,00, impugna la delibera con un’azione davanti al Tribunale;
• per quanto qui interessa, viene eccepita l’incompetenza per valore del Tribunale, in quanto la spesa, concretamente posta a carico del condomino Pippo, è inferiore a € 5.000,00 e la relativa causa dovrebbe, quindi, rientrare nella competenza del Giudice di Pace.
In causa vengono anche affrontate altre questioni (come l’ammissibilità di una pronuncia di rigetto da parte di un giudice già dichiaratosi incompetente) che, però, esulano dall’argomento di questo breve scritto.
Il consolidato insegnamento della Suprema Corte
Nell’esaminare il caso e nell’adottare una decisione, l’ordinanza n. 24748 del 3.10.2019 richiama espressamente il precedente – e più volte confermato – insegnamento della Corte, rappresentato da Cass. 28.8.2018 n. 21227 (e da Cass. 2.3.2018 n. 5014, Cass. 17.9.2015 n. 18283, Cass. 5.7.2013 n. 16898 e Cass. 16.3.2010 n. 6363).
In maniera schematica e in via di estrema sintesi, questo insegnamento può essere riferito così:
• quando un condomino impugna una delibera assemblea, allegando l’invalidità della delibera stessa e, quindi, l’illegittimità dell’addebito a suo carico di una certa spesa pari a € X, ai fini dell’individuazione della competenza per valore si deve avere riguardo non al quid disputandum, ma al thema decidendum;
• detto altrimenti, non ha importanza il fatto che la validità / invalidità di una delibera sia, in sé stessa, una questione da valore indeterminabile;
• bisogna, piuttosto, identificare il quantum concreto della spesa, l’X che il condomino impugnante si trova a dover sborsare, e basare su di esso la decisione circa l’individuazione del valore della lite e, quindi, la competenza del giudice;
• se X risulta superiore a € 5.000,00, allora la causa di impugnazione rientra nella competenza per valore del Tribunale, ma la lite deve essere portata all’attenzione del Giudice di Pace se X risulta inferiore a tale importo.
Nell’ordinanza 3.10.2019 n. 24748 si legge testualmente: “ai fini della determinazione della competenza per valore, in relazione a una controversia avente ad oggetto il riparto di una spesa approvata dall'assemblea di condominio, anche se il condomino agisce per sentir dichiarare l'inesistenza del suo obbligo di pagamento sull'assunto dell'invalidità della deliberazione assembleare, bisogna fare riferimento all'importo contestato, relativamente alla sua singola obbligazione, e non all'intero ammontare risultante dal riparto approvato dall'assemblea di condominio .. ”.
Secondo la Corte, quindi, non bisogna focalizzare l’attenzione sulla delibera impugnata in generale, ma sulla specifica ricaduta di tale delibera “sulle tasche” del condonino che la impugna: se la delibera impugnata ripartisce una spesa di € 50.000,00 e il condomino che la impugna è chiamato a sborsare € 4.000,00, il valore della causa è costituito proprio da questo importo di € 4.000,00.
Il dissenso rispetto alla Corte
Pur rispettando tutte le opinioni e, a maggior ragione, l’autorevole insegnamento della Suprema Corte, chi scrive dissente dall’interpretazione dianzi ricordata.
E’ noto che le delibere assembleari sono invalide se ed in quanto esse risultino “contrarie alla legge o al regolamento di condominio” [così l’art. 1137, secondo comma, cod. civ.].
Impugnando la delibera, il condomino chiede – questo è l’oggetto della sua richiesta, il petitum della sua domanda – l’accertamento e la dichiarazione dello specifico profilo di invalidità della delibera medesima e, in conseguenza, il suo annullamento e questa domanda non ha – se non in via indiretta – un valore monetario. La contrarietà “alla legge o al regolamento di condominio”, di cui sopra, non può essere, in linea astratta, “misurata” in termini economici.
La situazione ricorda tutte le azioni in cui viene posta in discussione la validità di un atto o di un negozio giuridico.
Si pensi, a tale riguardo, all’impugnazione di un testamento per asserita incapacità di agire del soggetto che lo ha redato: il giudice è chiamato ad accertare le condizioni mentali (e, quindi, la capacità) del testatore e questo accertamento non può e non deve essere condizionato dalla consistenza del patrimonio di cui detto testatore a disposto.
Ne viene che questa domanda, per sé stessa, ha – e non può non avere – un valore indeterminabile.
Ciò che non convince, nel citato insegnamento della Corte, è proprio l’idea che, in caso di impugnazione di una delibera, si debba avere riguardo – e questo è condivisibile – al thema decidendum e che questo thema decidendum sia rappresentato – questo concetto, invece, non è condiviso – non dalla rispondenza o meno della delibera alla legge o al regolamento di condominio, ma dalla ricaduta economica della delibera per il condomino che la impugna.
Quando un condomino impugna una delibera assemblea, allegando l’invalidità della delibera stessa e, quindi, l’illegittimità dell’addebito a suo carico di una certa spesa pari a € X, infatti, la prima e principale domanda è costituita dall’accertamento di un profilo astratto e non quantificabile e cioè la già citata rispondenza o non rispondenza della delibera alla legge o al regolamento di condominio.
Sotto lo specifico profilo della competenza per valore, il giudice adito dovrebbe prendere atto che la domanda non è, in senso stretto, suscettibile di una quantificazione economica e pronunciarsi ipso facto per la competenza del Tribunale [il quale – giova ricordarlo – è competente “ .. in generale, per ogni causa di valore indeterminabile” (art. 9 cod. proc. civ.).
Considerazione finale di “taglio” pratico
Al di là delle considerazioni che precedono, in concreto non si può far finta che l’insegnamento della Suprema Corte non ci sia e, quindi, ignorarlo. Questa linea di condotta si rivelerebbe, nella vita e nell’operatività, anche professionale, di tutti i giorni, un autentico disastro.
