27 ottobre 2018
Condominio – morosità e mancato godimento dei servizi comuni
Sin da quando esiste il condominio, esiste la morosità dei condomini.
Si può dire che il condominio (come istituto giuridico e fenomeno socio-economico di grandissima rilevanza) e il condomino moroso (come espressione patologica del primo) sono nati insieme.
Questo per dire che i condominii italiani, per il tramite dei loro amministratori, hanno sempre avuto a che fare con la tematica del recupero dei crediti e con tutto il “carico” di negatività che la stessa porta con sé.
La tradizionale gestione della morosità
- la prima fase è sempre avvenuta in forma bonaria con l’intervento dell’amministratore e spesso anche degli altri condomini, tutti impegnati in una manovra “a tenaglia” per indurre il condomino moroso a sborsare quanto dovuto,
- terminata questa attività di moral suasion, iniziava la seconda fase, caratterizzata dal conferimento di un incarico professionale al legale di fiducia del condominio e l’avvio dell’iter, anche giudiziale.
La novità del 2012 /2013
Questa “arma” è rappresentata dal nuovo terzo comma dell’art. 63 disp. att. cod. civ., secondo il quale “In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato”.
La mera lettura del testo di legge già rende l’idea e aiuta a capire la portata di questa novità.
Per andare all’essenziale, bisogna prendere atto che oggi il condominio può contare su un formidabile strumento di pressione, rappresentato dal rischio – che ormai il condomino moroso effettivamente corre, non trattandosi più di una minaccia “a vuoto”, della classica “arma scarica” – di trovarsi in un appartamento privo di riscaldamento in inverno e di climatizzazione in estate, di ritrovarsi nell’impossibilità di utilizzare l’ascensore e così via.
I presupposti astratti per la sospensione dalla fruizione dei servizi comuni
- il condomino deve essere moroso;
- questa morosità deve durare dal almeno sei mesi;
- uno o più servizi comuni devono essere suscettibili di godimento separato.
Per quanto sub 1) non c’è molto da dire:
- il recupero del credito presuppone che il credito esista e che sia liquido ed esigibile;
- in condominio, tutto questo significa, in buona sostanza, che il debito del condomino deve risultare dal rendiconto / preventivo e dal relativo piano di riparto, come approvati dall’assemblea, e cioè dai documenti sulla base dei quali, ai sensi dell’art. 63, primo comma, disp. att. cod. civ. l’amministratore di condominio “può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione”.
In ordine a quanto sub 2), è da notare che il legislatore ha privilegiato l’“età” del debito del condomino rispetto alla sua consistenza: conta solo da quanto tempo il condomino è debitore e non di quanto.
Questo significa che – è solo un esempio – il riscaldamento potrebbe essere “staccato” ad un condomino, che deve al condominio la somma di € 1.000,00 da sei mesi, e non potrebbe, invece, essere staccato ad un condomino, che deve al condominio la somma di € 10.000,00 da soli tre mesi.
La cosa può anche apparire ed essere giudicata paradossale, ma – la norma è chiara – questo ha voluto il legislatore.
Il presupposto n. 3) è, a sua volta, molto chiaro: per “colpa” di uno, non si possono danneggiare gli altri condomini, che probabilmente sono in regola con il pagamento delle spese condominiali e che non devono subire alcun pregiudizio. Proprio per evitare questo, il legislatore ha correttamente puntualizzato che il condomino può essere sospeso dal godimento dei soli servizi comuni, che possono essere goduti separatamente.
Un esempio concreto: se l’impianto lo consente, si può chiudere il riscaldamento al condomino moroso, lasciandolo, invece, attivo e perfettamente funzionante per le altre unità.
Merita di dare atto qui di uno specifico e peculiare aspetto di questa “arma” del condominio.
Ci si è chiesti se la sospensione del condomino possa riguardare tutti i servizi comuni oppure se vi siano alcuni servizi che, per la loro evidente essenzialità, debbano essere considerati esclusi dal campo di applicazione dell’art. 63, terzo comma, disp. att. cod. civ..
Si pensi, ad esempio, all’erogazione dell’acqua e, quindi, alla possibilità che qualche condomino possa essere legittimamente escluso – sia pure per breve tempo – dalla fornitura idrica. L’acqua costituisce un bene di primaria necessità, senza il quale non si può sopravvivere e non si possono avere condizioni igieniche minimamente accettabili; proprio per tale ragione, non può essere tolto a nessuno per ragioni meramente economiche.
In questo senso si è anche espresso il Tribunale di Bologna in data 15.9.2017 [sentenza pubblicata in Condominioelocazione.it, 12.12.2017].
Peraltro, a distanza di appena sette mesi, lo stesso Tribunale [Tribunale Bologna 2.4.2018 in Condominioelocazione.it, 7.6.2018] si è pronunciato in maniera non solo diversa, ma addirittura opposta, evidenziando che l’art. 63 terzo comma, disp. att. cod. civ. non dice nulla che consenta di individuare i servizi suscettibili di essere sospesi e quelli che, invece, il condominio non può “toccare”, giungendo così a legittimare la sospensione del condomino moroso dalla fruizione dell’acqua.
I presupposti concreti per la sospensione dalla fruizione dei servizi comuni
Sul punto, la norma è molto vaga e richiede una penetrante attività di interpretazione.
L’autore di questa sospensione è chiaramente l’amministratore. E questo per una serie di “solide” ragioni:
- è l’amministratore a dover “disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune” [art. 1130, n. 3), cod. civ.]
- è l’amministratore ad avere – ex art. 1130, n. 3), cod. civ. e 1129, dodicesimo comma, nn. 5) e 6) cod. civ. – il compito e la responsabilità di riscuotere i contributi;
- è l’amministratore ad avere – tra le altre, ex art. art. 63, primo comma, disp. att. cod. civ. – l’onere e la responsabilità del recupero dei crediti vantati verso i condomini.
Ci si chiede se l’amministratore possa agire in autonomia oppure se debba avere la “copertura” di una delibera assembleare.
Si ritiene preferibile, in assoluto e nell’interesse di tutti, nonché ai fini della correttezza e della trasparenza in condominio, che l’amministratore agisca sulla base di una delibera assembleare. Che sia, cioè, la compagine condominiale a dover decidere la sospensione del moroso dai servizi comuni e che all’amministratore sia riservato il solo compito – peraltro, espressamente previsto dalla legge – di “eseguire le deliberazioni dell'assemblea” [art. 1130, n. 1), cod. civ.].
Questa linea di pensiero, peraltro, è in linea con l’insegnamento della Suprema Corte a Sezioni Unite in ordine al rapporto tra l’assemblea e l’amministratore: la sentenza n. 18331 del 6.8.2010 ha sottolineato che “l’organo principale, depositario del potere decisionale, è l’assemblea dei condomini”, definita anche come “l’organo deliberativo del condominio e l’organo cui compete l’adozione di decisioni in materia di amministrazione dello stesso”, che l’amministratore in quanto tale – la cui “prima, fondamentale, competenza (…) consiste nell’’eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini’” – non ha “nessun potere decisionale o gestorio”.
L’iter concreto per arrivare alla sospensione del condomino dalla fruizione dei servizi comuni
È, quindi, da privilegiare questo percorso (che ovviamente prende l’avvio dopo l’approvazione del rendiconto / preventivo e del piano di riparto):
a) invio di una prima lettera di sollecito e richiesta di pagamento da parte dell’amministratore;
b) invio di una seconda lettera dell’amministratore, contenente un’autentica diffida e contenente, altresì, l’esplicito avvertimento che, in difetto di pagamento, il condominio farà ricorso alla sospensione di cui all’art. 63, terzo comma, disp. att. cod. civ.;
c) invio di una diffida ad adempiere da parte del legale del condominio (nella quale si ribadisce il diritto e l’intenzione del condominio di avvalersi dell’art. 63, terzo comma, disp. att. cod. civ.;
d) convocazione di un’assemblea per la delibera di procedere come “minacciato”;
e) adozione della relativa delibera;
f) invio di una terza lettera dell’amministratore, contenente il richiamo del deliberato assembleare, l’invito a sanare la morosità e la conferma che, in difetto, si darà esecuzione alla volontà dell’assemblea;
g) intervento sugli impianti per provvedere alla sospensione del condomino moroso.
