16 gennaio 2020
Condominio – se, quando e come è lecito registrare i lavori dell’assemblea
Nella sua veste di avvocato specializzato nel diritto condominiale, chi scrive si è spesso trovato - e tuttora si trova - alle prese con un interrogativo che sembra interessare e coinvolgere molto condomini e amministrare. Di base, la domanda, articolata, è questa:
è lecito (e quindi possibile) fonoregistrare le assemblee condominiali?
è lecito (e quindi possibile) videoregistrare le assemblee condominiali?
per fare l’una e l’altra cosa è necessario l’assenso di tutti i condomini, della maggioranza oppure cosa?
La questione - divenuta di grande attualità grazie all’evolversi della tecnologia - è delicata. Per fortuna, sul punto soccorre un chiaro insegnamento giurisprudenziale.
Nell’attuale società tecnologica del video e dell’audio, e anche grazie all’influenza di certa letteratura e cinematografia anglosassone, sono sempre più numerosi i condomini che ritengono di tutelarsi – non è sempre agevole capire da cosa e nei confronti di chi – attraverso la registrazione di quanto viene detto in assemblea.
Quella in cui viviamo, tuttavia, è anche la società della privacy e del GDPR, la cui conoscenza, generalmente molto superficiale e lacunosa, porta molti a ritenere che ormai quasi tutto sia impossibile e/o vietato.
Ne viene che, molto spesso, il vero limite alla registrazione dei lavori assembleari è costituito, in concreto, dalla – tanto radicata quanto erronea – convinzione che tale registrazione non sia lecita ed esponga il suo autore a pesanti conseguenze.
Poche idee, quindi, e in compenso piuttosto confuse.
Queste poche righe hanno l’ambizione di aprire uno squarcio e – senza la benché minima pretesa di completezza – gettare un po’ di luce in questa materia.
Il consolidato insegnamento giurisprudenziale
Sia in sede penale sia in sede civile è più volte intervenuta la Corte di Cassazione, le cui pronunce permettono oggi di delineare un quadro preciso del “firmamento” normativo e interpretativo in questa materia.
In materia penale, il punto di riferimento è costituito dalla pronuncia della Corte a Sezioni Unite n. 36747 del 28.5.2003: “La registrazione fonografica di conversazioni o comunicazioni realizzata, anche clandestinamente, da soggetto partecipe di dette comunicazioni, o comunque autorizzato ad assistervi, costituisce - sempre che non si tratti della riproduzione di atti processuali - prova documentale secondo la disciplina dell'art. 234 c.p.p.”.
Il rilievo penale delle registrazioni “fai-da-te” non è particolarmente interessante in questa sede, fatta salva la circostanza che lo “sdoganamento” delle registrazioni in sede penale ha, di fatto, contribuito a chiarire il quadro generale e “alleggerito” il tema anche in sede civile.
Prendendo le mosse dalle pronunce più recenti e procedendo a ritroso, possiamo individuare e richiamare non meno di tre sentenze che hanno bene inquadrato e chiarito la questione:
“La registrazione su nastro magnetico di una conversazione può costituire fonte di prova, ex art. 2712 c.c., se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta, né che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, e sempre che almeno uno dei soggetti, tra cui la conversazione si svolge, sia parte in causa; il disconoscimento, da effettuare nel rispetto delle preclusioni processuali degli artt. 167 e 183 c.p.c., deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e concretizzarsi nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta” [Cass. 19.1.2018 n. 1250];
“La registrazione su nastro magnetico di una conversazione telefonica può costituire fonte di prova, ex art. 2712 c.c., se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta, né che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, e sempre che almeno uno dei soggetti, tra cui la conversazione si svolge, sia parte in causa” [Cass. 1.3.2017 n. 5259];
“La registrazione su nastro magnetico di una conversazione telefonica può costituire fonte di prova, a norma dell'art. 2712 c.c., se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta e che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, sempre che non si tratti di conversazione svoltasi tra soggetti estranei alla lite. All'ammissibilità di una prova siffatta non osta la previsione di cui all'art. 615 bis c.p., che incrimina le indebite interferenze da parte di terzi estranei alla conversazione, ma non ne vieta la riproduzione da parte del destinatario del messaggio telefonico” [Cass. 11.9.1996 n. 8219];
La normativa sulla privacy
Sono opportuni due rilievi:
• il primo attiene alla “genesi” del trattamento dei dati personali (inteso come registrazione dei lavori assembleari). La normativa comunitaria in materia non si applica ai trattamenti di dati personali effettuati “da una persona fisica nell'ambito di attività a carattere esclusivamente personale o domestico” [art. 2, secondo comma, lett. C), GDPR] con l’ulteriore specificazione che l’attività a carattere esclusivamente personale è definita dal Considerando n. 18 del Preambolo come l’attività priva di “una connessione con un'attività commerciale o professionale”.
La conseguenza è che, nella maggior parte dei casi – si pensi ai condominii residenziali –, sotto questo specifico aspetto la normativa sulla privacy non “entra in gioco”;
• il secondo rilievo riguarda, invece, l’utilizzo delle registrazioni: ai sensi dell’art. 6, primo comma, lett. f) del GDPR, il trattamento del dato personale [fonoregistrazione] è lecito quando esso è finalizzato alla tutela di un diritto in sede giudiziaria e, quindi, volta alla pre-costituzione di una prova.
Registrazioni audio e video
Dalla lettura di quanto sopra riportato emerge con forza che la giurisprudenza ha dato il suo imprimatur alla registrazione audio o fonoregistrazione: di fatto, è consentito utilizzare un registratore per “catturare” le voci di amministratore e condomini e, quindi, acquisire e conservare una traccia acustica di quanto è stato detto in assemblea.
Il discorso, invece, è diverso per quanto attiene alla videoregistrazione, all’acquisizione, cioè, non solo delle voci, ma anche delle immagini degli intervenuti all’assemblea.
Al riguardo è intervenuto il Garante per la protezione dei dati personali [provvedimento 18.5.2006, in G. U. 3.7.2006], che ha statuito piuttosto chiaramente che la videoregistrazione dei lavori assembleari è lecita se – e solo se – sia stato preventivamente acquisito il consenso informato di tutti i partecipanti all’assemblea stessa.
Sintesi e riepilogo
Per chiudere:
• la fonoregistrazione, pur con qualche “coordinata” [la registrazione deve avere lo scopo della tutela di un diritto, il suo autore deve essere presente in assemblea e, inoltre, deve essere parte della causa in cui la registrazione sarà utilizzata come prova], ma senza limiti di sostanza (che potrebbero eventualmente intervenire quando si passasse al possibile utilizzo della stessa fonoregistrazione) e senza necessità di alcun benestare è sempre possibile;
• la videoregistrazione, invece, è possibile unicamente in presenza del consenso informato di tutti i partecipanti all’assemblea.
