19 novembre 2019
Condominio – una veloce riflessione sui diritti attribuiti ai condomini dall’art. 1102 cod. civ.
Dettato in materia di comunione e reso applicabile al condominio dall’art. 1139 cod. civ., l’art. 1102 cod. civ. costituisce, sul piano pratico della quotidianità condominiale, un punto fondamentale, un “cardine”, uno “snodo” essenziale dei rapporti tra i condomini e del rapporto tra i condomini e il condominio.
Il contenuto e la portata di questa norma sono stati, negli anni, oggetto di grande attenzione. Ciononostante, alla giurisprudenza capita ancora di trovarsi “alle prese” con interpretazioni nuove (non sempre condivise) di questa norma.
Questa, in via di estrema sintesi, la vicenda (che ha – per così dire – “acceso la miccia”) :
• un condomino – che chiameremo convenzionalmente Pippo – ha allargato una sua porta, affacciata sul cortile comune e adibita ad accesso pedonale, e ha iniziato a utilizzare questo “nuovo” varco per accedere a un suo locale seminterrato, adibito ad autorimessa;
• alcuni condomini – che chiameremo convenzionalmente Topolino e Pluto – hanno reagito, dando il via a una causa civile nella quale hanno chiesto al Tribunale di accertare l’illegittimità dell’intervento realizzato da Pippo e, quindi, condannare lo stesso Pippo alla rimessione in pristino stato;
• il ragionamento di Topolino e Pluto era semplice: con l’intervento sopra descritto, Pippo aveva alterato lo stato del cortile e si era appropriato di una porzione del cortile stesso, eccedendo i limiti dettati dall’art 1102 cod. civ.
In effetti, il giudice del merito ha aderito alla prospettazione e alle tesi di Pippo. Sul piano processuale, la vicenda si è complicata con l’incrociarsi dell’appello principale di Pippo e dell’appello incidentale di Topolino e Pluto e, quindi, con il rigetto – per ragioni che non interessa esaminare qui – di entrambi tali gravami.
La vicenda è poi stata portata all’attenzione della Corte di Cassazione, la quale, con l’ordinanza 24720 del 3.10.2019, ha colto l’occasione di questa – l’espressione è usata in senso letterale – lite di cortile per fornire qualche interessante puntualizzazione sull’art. 1102 cod. civ..
Il dato normativo
L’art. 1102, primo comma, cod. civ. è ben noto, ma vale comunque la pena di ricordarne il testo: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa”
Gli elementi essenziali di questa disposizione, quelli potenzialmente critici, sono il concetto di “destinazione” del cortile e il concetto espresso dalle parole “farne parimenti uso secondo il loro diritto”.
Il ragionamento della Corte
La Suprema Corte ha preso le mosse dal suo consolidato insegnamento: “Secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, in considerazione dei limiti imposti dall'art. 1102 c.c. al condomino, che nell'uso della cosa comune non deve alterarne la destinazione nè impedire agli altri comunisti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, l'alterazione o la modificazione della destinazione del bene comune si ricollega all'entità e alla qualità dell'incidenza del nuovo uso, giacché l'utilizzazione, anche particolare, della cosa da parte del condomino è consentita quando la stessa non alteri l'equilibrio fra le concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri comproprietari e non determini pregiudizievoli invadenze nell'ambito dei coesistenti diritti di costoro (cfr. Cass., sent. n. 1072 del 2005)”.
Ha, quindi, fornito un importante chiarimento su funzione principale e destinazione accessoria del cortile comune, con particolare riferimento alla – per usare le parole del legislatore – alterazione della destinazione.
La Corte ha individuato la citata funzione principale nel “dare aria e luce alle varie unità immobiliari” e ha altresì specificato – richiamando Cass. 9.6.2010 n. 13879 – che, tra le destinazioni accessorie “rientra quella di consentire ai condomini l'accesso a piedi o con veicoli alle loro proprietà, di cui il cortile costituisce un accessorio, nonché la sosta anche temporanea dei veicoli stessi, senza che tale uso possa ritenersi condizionato dall'eventuale più limitata forma di godimento del cortile comune praticata nel passato cortile comune praticata nel passato”.
La Cassazione ha, infine, sottolineato che cosa avrebbe dovuto fare il giudice di merito: “ .. porsi il problema se la trasformazione operata dalla C. avesse alterato l'equilibrio tra le concorrenti - sia pure non identiche - utilizzazioni attuali e potenziali del bene comune da parte degli altri comproprietari”.
Considerazione finale
In buona sostanza, il pari uso della cosa comune, che deve essere garantito a tutti i condomini, non è quello concretamente effettuato, ma quello potenziale: l’uso del cortile – e, con esso, l’esercizio del diritto di (com)proprietà – è e deve essere paritario, nel senso che tutti i condomini devono essere in condizione di utilizzare il cortile nello stesso modo.
A ben vedere, questa pronuncia non contiene nulla di nuovo o innovativo, ma è apprezzabile – oltre che per la continuità nell’interpretazione delle regole – perché ha ribadito con chiarezza un concetto che spesso, nella realtà dei condominii e della ricaduta quotidiana, viene frainteso o addirittura distorto: il limite, imposto dall’art. 1102 cod. civ. all’esercizio del diritto di (com)proprietà, di impedire agli altri condomini di fare parimenti uso del bene comune non significa che tutti i condomini devono utilizzare il bene comune nello stesso modo, ma che tutti devono trovarsi nelle condizioni di far un uso potenzialmente equivalente del bene stesso.
