22 ottobre 2019
Danno da perdita merci: Come calcolarlo?
Quando la merce in deposito o quella trasportata si perdono o risultano danneggiate, nonostante ogni cura prestata per custodirle, arriva puntuale la richiesta danni, che viene girata alla compagnia di assicurazione con molto affidamento e poca riflessione: ma, in definitiva, quanto potrebbe pretendere il soggetto danneggiato?
I principi generali sulla quantificazione del pregiudizio risarcibile sono maggiormente precisati in materia di trasporto, laddove si afferma che (art. 1696 Cod. Civ.) “il danno derivante da perdita od avaria si calcola secondo il prezzo corrente delle cose trasportate nel luogo e nel tempo della consegna” con esclusione, pertanto, di altri danni indiretti, come il lucro cessante o il mancato guadagno da future commesse.
Tale precisazione è contenuta anche nelle principali Convenzioni internazionali (ad es. art. 23 CMR) laddove si fa riferimento al “valore” della merce trasportata, evidentemente, al netto dei costi del trasporto, visto che non è stato eseguito.
In genere, fanno fede le fatture che accompagnavano la merce trasportata, se in conto vendita, oppure le perizie redatte in contraddittorio tra le parti.
Non si tiene conto dell’IVA, se è recuperabile, mentre il soggetto danneggiato contabilizza il risarcimento a parte rispetto alla svalutazione di magazzino conseguente alla perdita od avaria della merce depositata e/o affidata per il trasporto.
La Corte di Cassazione (sezione VI civile sentenza 2.1.2018 n. 702) ha avuto modo di osservare che il risarcimento è dovuto anche nel caso in cui la richiesta sia stata formulata da parte di un mittente che non abbia provato di aver indennizzato il destinatario della merce per il mancato arrivo di questa a destinazione: è pertanto in capo al depositario o al vettore, convenuti in giudizio per danni dalla loro controparte contrattuale, l’onere della prova che quest’ultima non ha subito alcun pregiudizio dall’evento dannoso.
Le somme dovute al danneggiato dal depositario o dal trasportatore costituiscono un debito di valuta e, pertanto, su tali importi, anche se oggetto di immediata richiesta di pagamento, non vanno calcolati gli interessi moratori previsti dal Decr. Lgs. n. 231/2002 per i crediti commerciali, bensì, eventualmente, la sola rivalutazione monetaria ovvero il maggior danno dettagliatamente dimostrato dal creditore. Questo perché, soprattutto in caso di controversia, l’ammontare del risarcimento si considera accertato solo alla conclusione della lite, come avveniva ai tempi del Foro Romano.
Successivamente, però, i traffici si sono allargati e, salvo espresse riserve contrattuali, depositari e vettori non conoscono il valore della merce affidata alla loro custodia. Pertanto, per tutte le tipologie di trasporto, ma non per il deposito, la legge Italiana e le Convenzioni internazionali hanno stabilito dei massimali risarcitori a favore dei vettori effettivi, da applicarsi salvo i casi di colpa grave loro e/o dei loro dipendenti od addetti.
La presenza di detti massimali, che possono talvolta risultare oggettivamente insufficienti, come nel caso dell’autotrasporto nazionale per conto di terzi (1 euro per chilogrammo di merce trasportato) ha obbligato i proprietari delle merci a stipulare delle polizze assicurative, integrative all risks oppure dirette, a copertura della perdita e/o dell’avaria delle stesse, anche laddove vengono affidate a terzi.
Trattandosi di “scommesse” con soggetti terzi, che intervengono nel rapporto tra le parti solo per risarcire la perdita od il danneggiamento della merce depositata / trasportata, è quindi il caso che le prime regolino preventivamente e bene questa eventualità nel contratto che regola le loro prestazioni, secondo le loro particolari esigenze ed i lori specifici interessi.
