18 dicembre 2018
I bambini ballano e cantano? Il condominio non può ospitare l’asilo nido
La Corte d’Appello di Milano ha stabilito che, se il regolamento condominiale vieta che le unità immobiliari siano destinate – per quanto qui interessa – a "scuole di musica, di canto, di ballo e pensioni", il condominio non può ospitare un asilo nido.
Il caso concreto
Qualche condomino ha reagito, impugnando tale destinazione davanti all’Autorità Giudiziaria per violazione del Regolamento condominiale, con specifico riferimento all’art. 9 di tale regolamento.
Nella sostanza, tale art. 9 vieta di "destinare gli appartamenti (…) a uso diverso da quello figurante nel rogito di acquisto", nonché di "destinare gli alloggi a uso sanitario, gabinetti di cura, ambulatorio per malattie infettive e contagiose, scuole di musica, di canto, di ballo e pensioni".
Il Tribunale ha aderito a tale interpretazione del Regolamento e, ritenendo che l’attività di asilo nido rientrasse tra quelle esplicitamente vietate da tale documento, ne ha imposto l’immediata cessazione.
La sentenza è stata impugnata e la questione è stata portata all’attenzione della Corte d’Appello. La quale – si parla della sentenza n. 3709 del 31.7.2018 – si è pronunciata per la bontà della decisione del Tribunale e l’ha confermata.
I limiti legittimi all’uso delle unità immobiliari in condominio
- l’art. 832 cod. civ. stabilisce che il proprietario può godere di un suo bene "in modo pieno ed esclusivo";
- applicata ai beni immobili esistenti in condominio, questa regola significa, in sostanza, che il condomino, quale proprietario dell’unità immobiliare, può destinare l’unità stessa a qualsiasi (purché – la cosa è ovvia – legittima) attività;
- tale ampia facoltà può incontrare un limite all’interno della vita in condominio, ma questo limite, per essere legittimo e vincolante, deve avere natura reale e, quindi, deve trovare la sua fonte – per quanto qui interessa: eventuali motivazioni di natura "pubblica" sono estranee a questa trattazione – in una precisa volontà dei condomini. Deve, cioè, derivare da una fonte contrattuale;
- in concreto, i limiti al libero utilizzo delle unità in condominio sono legittimi se ed in quanto siano contenuti in un regolamento condominiale di natura contrattuale, adottato dall’originario unico proprietario dell’intero edificio prima della costituzione del condominio e “imposto” ai vari condomini, che l’hanno accettato al momento del loro acquisto, oppure adottato dalla compagine condominiale all’unanimità [100% dei condomini, titolari di 1.000/1.000].
Solo in questi casi, la limitazione al diritto di proprietà può e deve ritenersi legittima e, quindi, possibile.
L’interpretazione del regolamento condominiale – in astratto
Per quanto qui interessa, la Corte d’Appello ha fatto applicazione – pur senza menzionarlo esplicitamente – dell’art. 1362, primo comma, cod. civ., ai sensi del quale "Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole".
E’ appena il caso di evidenziare che, quando il contratto da interpretare è un regolamento condominiale (di natura – per l’appunto – contrattuale), per "parti" si deve intendere i condomini.
L’interpretazione del regolamento condominiale – in concreto
- l’unità immobiliare per cui è nata la causa è stata destinata ad ospitare un asilo nido;
- l’art. 9 del Regolamento condominiale vieta che gli appartamenti siano destinati "a uso diverso da quello figurante nel rogito di acquisto" e, più specificamente, che siano destinati "a uso sanitario, gabinetti di cura, ambulatorio per malattie infettive e contagiose, scuole di musica, di canto, di ballo e pensioni";
- si tratta, quindi, di capire se l’attività di asilo nido rientri oppure no tra quelle come sopra espressamente vietate e, quindi, se il divieto di cui all’art. 9 sia applicabile o meno alla fattispecie;
- l’uso risultante dal rogito di acquisto non ha, nella fattispecie, alcuna rilevanza;
- le altre attività "proibite", invece sì;
- l’attività di asilo nido – la Corte lo ha apertamente statuito – “rientra tra quelle espressamente vietate all’interno del Condominio”;
- ciò, in quanto l’asilo è – sono ancora parole della Corte – “una scuola dove si pratica notoriamente anche musica e canto oltre ad altre attività didattiche che, per l’affollamento d’utenza, comportano quelle condizioni di rumorosità che la norma regolamentare ha inteso del tutto inequivocabilmente vietare”.
Lo "snodo" essenziale del ragionamento della Corte è da individuare nel passaggio dianzi riportato sub lettera g).
La Corte – cui evidentemente non sfugge che, strettamente e rigorosamente inteso, un asilo nido non è un gabinetto di cura né un ambulatorio per malattie infettive e contagiose né una scuola di musica, di canto o di ballo né una pensione – ha, in buona sostanza, pensato questo:
- l’asilo non è una scuola di musica, di canto o di ballo, però è una scuola, al cui interno queste specifiche attività – suonare, cantare e ballare – vengono normalmente, addirittura quotidianamente, svolte;
- il divieto relativo a certe attività, contenuto nell’art. 9 del Regolamento, indica chiaramente che, nel “confezionare” quel regolamento, i condomini hanno inteso preservare la tranquillità e il silenzio all’interno dell’edificio. Sul piano più strettamente giuridico, può dirsi che questo è – secondo la previsione dell’art. 1322 cod. civ. – l’interesse meritevole di tutela che i condomini hanno inteso realizzare;
- questa – detta altrimenti, usando le parole dell’art. 1362 cod. civ. – è l’effettiva, comune volontà dei condomini;
- alla luce di questo, si deve ritenere che le attività, in tutto e per tutto assimilabili – sotto il profilo dei beni della vita da tutelare – a quelle espressamente vietate, siano esse stesse vietate;
- da tutto questo deriva che l’attività di asilo nido, idonea a creare – né più né meno rispetto a quanto potrebbero fare le scuole di musica, di canto o di ballo e le pensioni, con il loro viavai di persone – le "condizioni di rumorosità" che il regolamento mira a scongiurare, ricadono nell’applicazione del più volte visto divieto di cui all’art. 9 del Regolamento condominiale.
