26 settembre 2019
I creditori del condominio possono agire per il recupero, pignorando il conto corrente comune
La questione, benché oggetto di contrasti interpretativi, è semplice: ci si chiede se il creditore del condominio, che sia rimasto insoddisfatto, sia legittimato ad agire pignorando il conto corrente condominiale. Si pensi, ad esempio, all’impresa che ha rifatto le facciate o installato un ascensore o messo a norma l’impianto elettrico.
Detto altrimenti: il creditore che non è stato pagato può “aggredire” il conto corrente comune oppure la previsione di cui all’art. 63, secondo comma, disp. att. cod. civ. lo impedisce?
Come sempre, il ragionamento deve prendere le mosse dal dato normativo. Che, in questo caso, è rappresentato dall’art. 63, secondo comma, disp. att. cod. civ., secondo il quale “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini”.
La sua “lettura”
A sommesso avviso di chi scrive, la disposizione è chiara e deve essere interpretata in armonia con l’intero “impianto” normativo del condominio.
A ben vedere, l’art. 63, secondo comma, disp. att. cod. civ. non si esprime in ordine al rapporto tra il condominio e i suoi creditori, ma detta una regola volta a “regolare il traffico” dei creditori insoddisfatti, legittimati a far valere le loro ragioni di credito non solo contro il condominio, ma anche nei confronti dei singoli condomini.
Detto altrimenti:
la norma non interviene sul rapporto di credito – debito tra il terzo e il condominio, ma in qualche modo si pone “a valle” di questo rapporto;
essa, infatti, stabilisce che cosa il creditore può fare – e come – quando ormai è evidente che il condominio non pagherà.
La previsione normativa
Prima dell’intervento del legislatore nel 2012 / 2013, non vi era alcuna specifica previsione normativa.
Adesso, invece, vale la regola dianzi citata, contenuta – come già detto – nell’art. 63, secondo comma, disp. att. cod. civ..
Le considerazioni che nascono da questo raffronto
A parere di chi scrive, il confronto tra lo scenario anteriore alla riforma e quella posteriore rende evidente quale sia stato l’intento del legislatore.
In buona sostanza, il legislatore ha voluto esprimere una serie di regole generali, da cui è agevole dedurre una semplice “scaletta” (o graduatoria) di debitori, che il creditore deve rispettare:
• il primo e principale debitore è il condominio.
Se è vero che quest’ultimo non ha personalità giuridica, è altrettanto vero che ha una sua soggettività giuridica, distinta e separata rispetto a quella dei condomini che lo compongono e idonea a renderlo un centro autonomo di imputazione di posizioni giuridiche. Del resto, se può essere un datore di lavoro, un committente e un correntista bancario, il condomino può anche essere un debitore;
• se – e solo se – il condominio non fa fronte al debito, il creditore può rivolgere le sue richieste ai condomini;
• l’art. 63, secondo comma, disp. att. cod. civ. si limita a prevedere che questo creditore, dopo essere rimasto insoddisfatto nel rapporto con il condominio, può “aggredire” i condomini, ma con l’obbligo di rivolgersi prima ai condomini morosi e solo dopo – e solo eventualmente, se il credito non fosse ancora estinto – ai condomini che siano in regola con i pagamenti
Nulla, nel testo dell’art. 63, secondo comma, disp. att. cod. civ. e, più in generale, nella normativa sul condominio autorizza e giustifica un’interpretazione diversa. Soprattutto, ulla, nel testo dell’art. 63, secondo comma, disp. att. cod. civ. e, più in generale, nella normativa sul condominio porta a ritenere che il condominio in sé e per sé non sia “aggredibile”
Considerazioni di carattere generale
Una lettura diversa dell’art. 63, secondo comma, disp. att. cod. civ. avrebbe come conseguenza la sostanziale “cancellazione” del condominio quale ente di gestione, la sua “eliminazione” dalle dinamiche contrattuali e, più in generale, giuridiche. Il condominio, privo di personalità giuridica, può anche essere – e spesso è – considerato come una specie di “schermo” tra i condomini e il mondo esterno, ma non si può ignorare che questo schermo esiste, che il legislatore lo ha previsto e disciplinato e che, già solo per questo, non si può pensare di “farlo sparire” con tanta disinvoltura.
Se è vero che il condominio è il primo debitore e se è vero che il debitore “ .. risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri” [art. 2744 cod. civ.], allora non è dato comprendere perché il condominio non dovrebbe essere assoggettato al pignoramento del suo conto corrente.
Per intendersi:
perché il creditore può far pignorare il conto corrente del suo debitore e perché questa regola generale non dovrebbe trovare applicazione quando il debitore è in condominio?
perché il condominio, nella sua veste di debitore, dovrebbe beneficiare di un trattamento privilegiato e, quindi, godere di una “agevolazione” (per l’appunto, l’impignorabilità del conto corrente) che è, invece, negata a qualsiasi altro debitore?
La giurisprudenza
Alle medesime conclusioni è giunta, benché in maniera non univoca e certamente non in formazione compatta, anche la giurisprudenza.
Bati pensare alla condivisile pronuncia del Tribunale di Milano in data 21.11.2017, pubblicata in Arch. Locazioni 2018, 3, 307:
“ .. in prima battuta, un "patrimonio del condominio" esiste, ed è costituito principalmente dalle somme presenti sul conto corrente allo stesso intestato. Se non può ancora parlarsi di patrimonio separato, in quanto non parrebbe esservi un vero e proprio vincolo di destinazione delle predette somme cui le stesse non possono essere sottratte, tuttavia non può negarsi che il conto corrente condominiale costituisca la prima garanzia ex art. 2744 c.c. per i creditori del condominio stesso, che potranno scegliere se agire:
- per l'intero nei confronti del condominio (pignorando il conto corrente condominiale) o
- parziariamente nei confronti dei singoli condomini (con l'osservanza, questa volta, del disposto dell'art. 63 disp. att. c.p.c.),att. c.p.c.”;
“Pertanto, là dove il creditore agisca per il recupero dell'intero credito in forza del contratto che lo lega al condominio (e non nei confronti dei singoli condomini tenuti alla contribuzione) non può trovare applicazione il disposto dell'art. 63 disp. att. c.p.c. perché lo stesso, pignorando il conto corrente condominiale, non "agisce nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti", ma aggredisce il "patrimonio del condominio", patrimonio che al condominio obbligato fa direttamente capo”
Questa sentenza, tra l’altro, richiama pronunce della Corte di Cassazione che hanno espresso importanti concetti nella medesima direzione, suscettibili di essere utilizzati per sostenere – per quanto qui interessa – la tesi della pignorabilità del conto corrente condominiale:
• Cass. SSUU 18.92014 n. 19663, che parla di “progressiva configurabilità in capo al condominio di una sia pure attenuata personalità giuridica, e comunque sicuramente, in atto, di una soggettività giuridica autonoma”;
• Cass. 29.3.2017 n. 8150, secondo cui “Il Condominio è soggetto distinto da ognuno dei singoli condomini, ancorché si tratti di soggetto non dotato di autonomia patrimoniale perfetta”.
Sintesi
La considerazione finale riecheggia quella introduttiva: non c’è alcuna “solida” ragione per escludere che il creditore del condominio, che sia rimasto insoddisfatto, possa procedere con il pignoramento del conto corrente del condominio suo debitore.
