Diritto delle Imprese
19 dicembre 2018
Diritto delle Imprese

L’incarico di amministratore di società si presume oneroso

L’incarico di amministratore di società si presume oneroso

Segnalo la recente ordinanza della Cassazione (n. 24139 pubblicata il 3 ottobre 2018), che ribadisce un principio spesso ignorato nella pratica.

La presunzione di onerosità

Secondo i principi del nostro ordinamento, il contratto con il quale si attribuisce la funzione di amministratore di una società è un contratto che si presume oneroso, in applicazione dell’art. 1709 c.c. in tema di mandato, atteso che tale disposizione è senz’altro applicabile alla materia societaria.

La Corte ha precisato, richiamando un proprio costante orientamento sul punto, che l’amministratore, con l’accettazione della carica, acquisisce il diritto ad essere compensato per l’attività svolta in esecuzione dell’incarico affidatogli e che non vi è ragione di ritenere che il diritto al compenso debba essere subordinato ad una richiesta che l’amministratore rivolga alla società amministrata. La gratuità dell’incarico, quindi, può essere fondata unicamente sulla apposita previsione statutaria o sulla specifica convenzione stipulata tra società ed amministratore.
Tenuto conto che il diritto al compenso è un diritto disponibile, nulla vieta che l’amministratore possa rinunciare al compenso spettantegli e la Corte ha inquadrato tale rinuncia nello schema generale della remissione del debito ex art. 1236 e segg. c.c., con ciò ravvisando che la rinuncia al compenso possa nel concreto consistere in un comportamento concludente (cd. rinuncia tacita), senza scritti a supporto.

La Corte ha però precisato che il comportamento concludente, tale da concretizzare una tacita rinuncia, non può consistere soltanto in un comportamento omissivo (non aver chiesto il pagamento del compenso durante lo svolgimento dell’incarico). La mera inerzia non integra gli estremi della rinuncia tacita , valida ed efficace ai sensi dell’art. 1236 c.c. , atteso che il comportamento meramente omissivo risulta in sé stesso tutt’altro che inequivoco e, anzi, particolarmente ambiguo.

La Corte conclude osservando che “…la mera inerzia ben può esprimere una semplice tolleranza del creditore (come radicata nei più vari motivi) o anche riflettere una situazione di pura disattenzione. Sul piano oggettivo viene, del resto, a imporsi una constatazione comunque decisiva: annettere rilevanza alla mera inerzia del creditore significa, in buona sostanza, ridurre indebitamente il termine fissato dalla legge per la prescrizione del diritto”.
LS LEXJUS SINACTA - VIA LARGA 19, 20122 MILANO

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