18 dicembre 2018
L’usucapione in condominio
Un condomino può usucapire la proprietà dei beni condominiali, diventando così l’unico proprietario dei medesimi? Se sì, quando e a quali condizioni?
Si tenta qui di fornire qualche risposta chiara e concreta ad una questione che ha una ricaduta pratica più frequente di quanto non si creda.
L’usucapione in generale
Per quanto qui interessa – e cioè con specifico riferimento ai beni immobili – il riferimento normativo è rappresentato dall’art. 1158 cod. civ.: “La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni”.
L’usucapione in condominio
- l’usucapione trova applicazione anche nel condominio?
- il che significa: un condomino può rendersi proprietario esclusivo di un bene condominiale semplicemente per effetto del possesso ultraventennale di quel bene?
- perché questo possa accadere, quali caratteristiche deve avere quel possesso ultraventennale?
Come si accennava, l’istituto dell’usucapione è stato – e ancora è – spesso invocato in ambito condominiale. Ciò accade tutte le volte che un condomino, il quale si è impossessato di un bene comune e lo ha utilizzato come se fosse suo per un lungo periodo, si pone il dubbio se, per caso, tale possesso “di lungo corso” non gli abbia attribuito, in relazione a quello specifico bene, qualcosa di più “solido” del mero diritto di godimento.
Un esempio concreto può aiutare a comprendere la fattispecie.
Si immagini un condomino, il quale ad un certo punto si sia impossessato di uno spazio comune [una cantina / un solaio / uno “spicchio” di cortile] e lo abbia liberamente usato a suo piacimento, escludendo tutti gli altri condomini dallo stesso utilizzo.
Decorso il termine ventennale di cui al citato art. 1158 cod. civ., qual condomino può legittimamente rivendicare la proprietà esclusiva di quel bene condominiale?
Le caratteristiche del possesso ad usucapionem in generale
Detto altrimenti:
- un soggetto può usucapire la proprietà di un bene se – e solo se – ne conserva ininterrottamente per almeno vent’anni un possesso in tutto e per tutto corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà,
- questo comprende anche il farsi carico in via integrale ed esclusiva di tutte le spese (tasse e imposte incluse) legate a quel bene,
- comprende altresì il precludere a chiunque altro, legittimo proprietario in testa, di possedere e utilizzare il bene.
Tale ultimo aspetto è di particolare importanza: l’atteggiamento psicologico del soggetto, il quale acquista il diritto per usucapione – si parla di un atteggiamento deciso, fortemente proiettato all’esterno, letteralmente da padrone, verrebbe quasi da dire “da predatore” –, deve emergere da un comportamento univoco e inequivocabile, da cui traspaia in maniera chiara e non ambigua la forte coscienza di possedere quel bene da proprietario e, quindi, la ferma determinazione a escludere chiunque altro da un rapporto con il bene anche solo paragonabile.
Le caratteristiche del possesso ad usucapionem in condominio
Con specifico riferimento all’usucapione di beni condominiali, è stato chiarito che il condomino, il quale si qualifichi proprietario per intervenuta usucapione, deve dimostrare di aver esercitato sul bene il possesso esclusivo ".. in modo tale (…) da evidenziare in modo univoco la volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus …" [così Cass. 10.11.2011 n. 23539. In senso conforme, addirittura con l’utilizzo delle stesse parole, si vedano Cass. 23.7.2010 n. 17322, Cass. 20.5.2008 n. 12775, Cass. 18.10.1999 n. 11696];
E’ stato, altresì, chiarito che "A fondamento dell'usucapione, pertanto, devono porsi degli atti, univocamente rivolti contro i compossessori, tali da rendere riconoscibile a costoro l'intenzione di non possedere più come semplice compossessore, ma come possessore esclusivo" [così Cass. 31.8.2015 n. 17321] e che tale mutamento del titolo del possesso ".. deve concretarsi in atti integranti un comportamento durevole, tale da manifestare un possesso esclusivo con animo domini, incompatibile con il permanere del compossesso altrui sulla stessa cosa" [idem].
Sintesi
> perché si verifichi l’usucapione, è necessario che il soggetto, il quale ha la materiale disponibilità del bene, lo possieda in un modo corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà [soprattutto nella sua declinazione del godimento del bene "in modo pieno ed esclusivo" (così l’art. 832 cod. civ., nel definire il contenuto del diritto di proprietà)], e che tale soggetto si comporti uti dominus e cioè come l’autentico padrone del bene, con ciò dimostrando l’inequivocabile volontà di escludere dal possesso del bene il legittimo proprietario del medesimo;
> perché si verifichi l’usucapione di un bene condominiale ad opera di un condomino:
- è necessario che il condomino eserciti sul bene il possesso esclusivo ".. in modo tale (…) da evidenziare in modo univoco la volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus …" [così Cass. 10.11.2011 n. 23539. In senso conforme, addirittura con l’utilizzo delle stesse parole, si vedano Cass. 23.7.2010 n. 17322, Cass. 20.5.2008 n. 12775, Cass. 18.10.1999 n. 11696],
- per effetto dell’art. 1102 cod. civ., può astrattamente parlare di usucapione solo il condomino, il quale abbia compiuto ".. atti idonei a mutare il titolo del suo possesso .." [così Cass. 31.8.2015 n. 17321, la quale specifica ulteriormente: "A fondamento dell'usucapione, pertanto, devono porsi degli atti, univocamente rivolti contro i compossessori, tali da rendere riconoscibile a costoro l'intenzione di non possedere più come semplice compossessore, ma come possessore esclusivo"],
- tale mutamento del titolo del possesso ".. deve concretarsi in atti integranti un comportamento durevole, tale da manifestare un possesso esclusivo con animo domini, incompatibile con il permanere del compossesso altrui sulla stessa cosa" [così Cass. 31.8.2015 n. 17321].
Quest’ultimo aspetto appare particolarmente interessante e delicato.
Non bisogna, infatti, perdere di vista che il condomino è, in quanto tale, comproprietario – in proporzione alla sua quota millesimale – dei beni comuni ed è, quindi, evidente che egli può utilizzare i beni comuni proprio in virtù del suo titolo, appunto di (com)proprietà. Ovviamente questo utilizzo non basta perché egli possa rivendicare la proprietà esclusiva per usucapione, con la connessa e conseguente perdita del titolo di (com)proprietà per gli altri condomini.
E’ necessario che qualcosa cambi nel suo possesso, nelle modalità e nell’animus di tale possesso, che il suo atteggiamento diventi rivelatore della precisa e inequivocabile volontà non solo di possedere, ma di possedere a scapito degli altri comproprietari e contro il titolo dei medesimi. In questo si sostanzia la "… volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus … " riferita dalla giurisprudenza dianzi citata.
E’ evidente che questo cambio di atteggiamento deve essere caratterizzato da manifestazioni esteriori.
