2 aprile 2020
Qualche riflessione in ordine alla gestione del condominio nelle circostanze eccezionali imposte dal Covid-19 – il ruolo di primo piano degli amministratori e l’importanza della stretta collaborazione tra amministratori e amministrati
Tra le misure, adottate e quindi imposte dal Governo per fronteggiare la diffusione del contagio da Covid-19, spicca il divieto di assembramenti: in sostanza, non ci si può riunire, né in luoghi pubblici né in luoghi privati, per incontri, riunioni, convegni e altro.
Il divieto riguarda anche le assemblee condominiali, riunioni nell’ambito delle quali il rispetto della distanza di sicurezza di almeno 1 metro è, di fatto, impossibile. Si pone, quindi, il problema del rischio di una sostanziale “paralisi” della vita dei condominii, enti di gestione che sono stati privati dei loro organi decisionali.
Per fronteggiare l’emergenza “coronavirus”, l’Italia ha adottato, con una serie di provvedimenti succedutisi nel tempo, molte misure diverse, per lo più restrittive delle libertà dei singoli.
Il “capostipite” di questi provvedimenti è costituito dal D. L. 23.2.2020 n. 6, che ha, di fatto, “aperto la strada” e “dato il via” alla successiva, intensa attività normativa del Governo. In primis, al D.P.C.M. 4.3.2020, il cui Art. 1 prescrive che, “Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, sull'intero territorio nazionale si applicano le seguenti misure:
(…) b) sono sospese le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno
un metro di cui all'allegato 1, lettera d)”.
Tale regola generale, ripresa e “rilanciata” anche nei successivi provvedimenti normativi, fino diventare – nella sua declinazione più tristemente famosa e cioè #iorestoacasa – una sorta di “colonna sonora” di questa crisi ha avuto un impatto eccezionale in tutti i settori della vita degli italiani.
Per quanto interessa qui, sulla vita che, in condizioni normali, si svolge all’interno dei condominii.
La situazione all’interno dei condominii e nell’ambito della loro gestione e amministrazione
Non sembra inutile ricordare che, nel condominio, l’organo sovrano è l’assemblea.
Sul punto è intervenuta nel 2010 a fare chiarezza la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 18331 del 6.8, la quale ha segnato alcuni punti fermi:
• “l’organo principale, depositario del potere decisionale, è l’assemblea dei condomini”
• quest’ultima costituisce “l’organo deliberativo del condominio e l’organo cui compete l’adozione di decisioni in materia di amministrazione dello stesso”
• l’amministratore in quanto tale non ha “nessun potere decisionale o gestorio”
• “la prima, fondamentale, competenza dell’amministratore consiste nell’’eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini’”.
Se è vero che la riforma del condominio del 2012 / 2013 ha valorizzato la figura e il ruolo dell’amministratore, è altrettanto vero che i punti di cui sopra, enucleati da Cass. 6.8.2010 n. 18331, restano pienamente validi.
Per convincersi del ruolo preminente dell’assembla rispetto all’amministratore, basta por mente alla circostanza che anche una attribuzione tipica dell’amministratore, costituita dal recupero crediti verso i condomini morosi, può essere significativamente condizionata dall’assemblea: se è vero che l’amministratore, ai sensi dell’art. 63, primo comma, disp. att. cod. civ., può e deve agire per tale recupero anche “senza bisogno di autorizzazione” dell’assemblea, è altrettanto vero che tale ultimo organo può, ex art. 1129, nono comma, cod. civ., espressamente dispensare l’amministratore dal muoversi per il recupero di questi crediti.
O, ancora, si pensi allo spazio di manovra dell’amministratore in tema di interventi manutentivi straordinari: l’art. 1135, secondo comma, cod. civ. prevede la possibilità – e, al tempo stesso, il dovere – dell’amministratore di “ordinare lavori di manutenzione straordinaria” che “rivestano carattere urgente”, ma anche il suo specifico e ineludibile obbligo di “riferirne nella prima assemblea”.
Questa situazione normativa e l’equilibrio di rapporti tra assembla e amministratore, che ne deriva, porta a osservare che, in effetti, i “margini di manovra” dell’amministratore sono, a dir poco, ridotti: in quasi tutti gli aspetti della vita del condominio l’amministratore non può e non deve agire autonomamente, ma deve sempre muoversi nel solco del mandato che ha ricevuto dall’assemblea e deve sempre demandare all’assemblea le decisioni di maggior rilievo. E’ buona norma che l’amministratore agisca sempre in stretto coordinamento con l’assemblea e sia sempre pronto a coinvolgere tale ultimo organo in tutte le decisioni di significativa importanza per la vita del condominio.
In tempi di Covid-19
La regola generale appena espressa evidenzia tutti i suoi limiti operativi nell’attuale situazione di emergenza.
Posto che, in questi tempi di eccezionale emergenza, l’assemblea non può essere convocata, come può l’amministratore agire di concerto con l’assemblea stessa, coinvolgerla nelle questioni importanti che esorbitano dalle attribuzioni che la legge prevede per l’amministratore, sottoporre le questioni importanti alla sua decisione e così via?
Un esempio per tutti:
si è visto che l’art. 1135 cod. civ. riserva all’assemblea – tra l’altro con parole “forti” [“L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria”] – le decisioni sugli interventi di manutenzione straordinaria;
si immagini un condominio, al cui interno deve essere deciso un intervento manutentivo straordinario;
in un’epoca, in cui l’assemblea non può essere convocata, chi e come potrà dare ingresso a tale intervento?
Chi scrive ritine che la “chiave di volta” sia contenuta nella seconda parte del già citato secondo comma dell’art. 1135 cod. civ., ai sensi del quale l’amministratore è legittimato a ordinare interventi di manutenzione straordinaria purché essi “rivestano carattere urgente”.
Questa dovrebbe temporaneamente “trasformarsi” in una regola di carattere generale: si dovrebbe ragionare sul concetto di “interventi urgenti”, considerando che l’urgenza può derivare sia – com’è normale – dalla natura dell’intervento stesso sia dal contesto in cui la necessità dell’intervento si pone. Attraverso questa operazione interpretativa si dovrebbe arrivare a sancire una regola generale di comportamento: l’amministratore dovrebbe interpretare il suo ruolo in maniera più ampia e attiva, adottando in prima persona tutte le misure necessarie per la vita in condominio e riservandosi di chiedere all’assemblea la ratifica ex post del suo operato.
In questo modo si potrebbe evitare il rischio di una “paralisi” nell’operatività del condominio.
Questa “super-operatività” dell’amministratore non dovrebbe essere circoscritta alle manutenzioni, ma estate anche a tutti quegli ambiti, nei quali sarebbe necessaria – ma è impossibile, stante il divieto di convocazione – una decisione dell’assembla. Si pensi – a mero titolo di esempio – all’avvio di una causa civile: la decisione è di competenza dell’assemblea, ma si corre il serio rischio di costringere il condominio alla costituzione tardiva.
Sarebbe auspicabile, visti i tempi eccezionali e la più volte citata operatività ridotta dell’assemblea, che l’amministratore, magari previa consultazione con i consiglieri e con il maggior numero possibile di condomini per ottenere il loro – pur informale – assenso, conferisse un avvocato l’incarico di rappresentare in causa il condominio.
