LSMI19 Lawgistic: trasporti e logistica
20 febbraio 2019
Trasporti e Logistica

Responsabilità condivisa e compliance aziendale nei contratti di appalto e di trasporto

Responsabilità condivisa e compliance aziendale nei contratti di appalto e di trasporto

La recente sentenza n. 444/19 della Corte di Cassazione ripropone il tema della responsabilità della Committente in merito al mancato pagamento delle retribuzioni dei dipendenti dell’appaltatore e/o del trasportatore. Nonostante le novelle normative, la compliance su questi soggetti rimane attuale.

A prescindere dalla Brexit, la “responsabilità condivisa”, una delle principali eredità della common law, è ormai entrata a pieno titolo nel diritto Europeo. L’impresa committente è libera di terziarizzare anche i propri servizi essenziali, ma è tenuta a vigilare sulla serietà e sul comportamento dei suoi fornitori esterni.

Mandato, appalto e trasporto, due contratti affini alla base della logistica moderna

Anche se sembrano riversati alla rinfusa nel quarto libro del codice civile, queste figure contrattuali sono importanti per definire i rapporti tra le parti in un settore spesso carente di rapporti formalizzati. Pertanto, tutte le volte che sorgessero delle contestazioni, anche da parte di soggetti che fossero solo indirettamente coinvolti nel contratto, il primo sguardo va rivolto al codice, ma il secondo alle leggi speciali che definiscono legalmente quel rapporto. Tra di esse, il Decreto legislativo n. 276 del 2003 (in tema di trattamento dei lavoratori nel corso dell’appalto) e l’art. 83 bis della Legge 6.8.2008 n. 133 (in tema di trattamento dei dipendenti delle imprese di trasporto) i quali, seppur soggetti a continue revisioni normative, perseguono il principio di “indurre il committente a selezionare imprenditori affidabili e a controllarne successivamente l’operato per tutta la durata del rapporto contrattuale” ( Cass. n. 444/19 sopra citata).
Da questo punto di vista, l’appalto ed il trasporto, quali specificazioni contrattuali di un mandato conferito dal committenti ad un soggetto esterno alla propria impresa, si caratterizzano per il fatto che il primo è comunque tenuto ad estendere il proprio perimetro di controllo alla seconda, essendo responsabile in ordine a determinate violazioni compiute dai propri delegati, se non prova, documenti alla mano, di aver fatto quanto concretamente possibile (his arm’s lenght) per evitare che essere venissero commesse.

La compliance non è una novità, solo la “messa su carta” di uno schema mentale

Se questo è il tema, allora esso non dovrebbe costituire particolare novità per il nostro diritto civile, giacché, a prescindere dal principio generale secondo il quale la responsabilità è personale, già vi sono molte norme che prevedono che essa possa essere “oggettiva” – collegata alla particolare relazione che il committente ha con il soggetto o le cose con cui si relaziona. La novità è invece sul piano probatorio, nel senso che le cautele che tutti noi adottiamo nel nostro vivere comune, nel relazionarci con i nostri incaricati, con riferimento a determinati settori, vanno documentate per iscritto, affinché il processo decisionale che le ha originate sia chiaro e trasparente.

Modelli informatici ma anche cultura d’impresa

Ecco quindi l’insorgere di protocolli gestionali, manuali operativi, check list ed altri strumenti anonimi adattati all’abbisogna, che spesso sono percepiti dagli imprenditori più come un costo che un’opportunità per la propria azienda e dai dipendenti come un’offensiva oppressione professionale. Occorre invece considerare che, al di là della condanna del committente a pagare le retribuzioni dei dipendenti dell’appaltatore insolvente, confermata dalla citata sentenza della Corte di Cassazione, il principio della responsabilità solidale e della sua negoziabilità costituisce un eccezionale strumento di relazione e di perequazione nei rapporti, spesso sbilanciati, tra i vari soggetti della catena logistica.
LS LEXJUS SINACTA - VIA LARGA 19, 20122 MILANO

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